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Transizione

Il dominio "underwater": la nuova corsa mondiale si gioca negli abissi

I fondali oceanici nascondono infrastrutture critiche per il trasporto di energia e dati, oltre a preziose risorse minerarie fondamentali per la cosiddetta blue economy. Queste ricchezze, tanto preziose quanto vulnerabili, sono al centro di una feroce corsa al controllo tra le superpotenze. Proteggere questi beni richiede una adeguata regolamentazione, tecnologie avanzate e una strategia militare mirata.

Negli ultimi anni l'attenzione globale si è spostata verso un nuovo Eldorado: il mondo subacqueo. Mentre le attività sulla superficie del mare, come il turismo e il commercio marittimo, continuano a guidare l'economia mondiale, è negli abissi oceanici che si nascondono le vere opportunità. Qui, nelle profondità marine, troviamo infrastrutture critiche come cavi sottomarini per il traffico dei dati, dell'energia elettrica, ma anche gasdotti, oleodotti, e risorse minerarie il cui potenziale è destinato a crescere. Il mare, però, non è solo una risorsa economica: è l'habitat originario dell'umanità e una fonte vitale di nutrimento. Per questo qualsiasi sviluppo futuro sotto la superficie marina deve essere guidato da un approccio sostenibile che tenga conto dell'impatto ambientale e rispetti l'ecosistema marino. Tale consapevolezza ha reso le dorsali oceaniche un elemento chiave nella politica internazionale e nelle strategie di potenza di molti stati, influenzando profondamente anche le operazioni militari.

Infrastrutture subacquee: vitali e vulnerabili. Una delle principali criticità riguarda la sicurezza delle infrastrutture per il trasporto di energia e dati, considerando che oltre il 95 percento del traffico internet mondiale e il 90 percento dell'approvvigionamento di idrocarburi viaggiano attraverso cavi sottomarini posati sul fondale marino. La posa e la manutenzione di questi cavi sono operazioni complesse e costose che coinvolgono una serie di tecnologie avanzate e competenze specializzate. Il processo inizia con una dettagliata mappatura del fondale marino. In acque poco profonde, la tecnica varia: su fondali sabbiosi si usano aratri sottomarini per scavare trincee, mentre su fondali rocciosi i cavi sono protetti con mattonelle di cemento. A profondità maggiori, i cavi sono semplicemente appoggiati e srotolati automaticamente. I cavi per la trasmissione di dati sono in fibra ottica, mentre quelli per la trasmissione di energia sono in rame. Dopo la posa, l'intera infrastruttura è sottoposta a rigorosi test per garantire una trasmissione affidabile dei dati e dell’energia attraverso gli oceani.

Nave posacavi elettrodotto sottomarino
<p>Una nave posacavi, fondamentale per le operazioni di installazione di un elettrodotto sottomarino (foto Terna)</p>

Data la crescente dipendenza delle economie da queste infrastrutture, i cavi sottomarini potrebbero diventare bersagli strategici per attacchi mirati, con possibili conseguenze disastrose sull'economia e sulla sicurezza internazionale. Un esempio della vulnerabilità di questo sistema di trasmissione dei dati si è verificato con il presunto sabotaggio dei gasdotti Nord Stream 1 e 2 e dei cavi internet nel Mar Rosso. Sebbene non abbia causato un blocco delle comunicazioni, i danni economici avrebbero potuto essere considerevoli, visto che il 17% dei dati globali passa attraverso il Mar Rosso. In aggiunta c'è il serio rischio di spionaggio, con potenze tecnologicamente avanzate che potrebbero tentare di intercettare informazioni strategiche per ottenere vantaggi competitivi. Infine, le minacce ai cavi sottomarini possono essere anche accidentali, come collisioni con navi o eventi sismici, che possono interrompere il flusso di dati e/o energia. Qualunque sia la causa dei danni, è chiaro che non possiamo più permetterci di mettere a rischio infrastrutture così importanti.

Nei prossimi anni la richiesta di cavi sottomarini aumenterà rapidamente. Questo sarà dovuto alla crescente domanda di dati, alimentata dall'espansione dei servizi cloud e dell'intelligenza artificiale. Inoltre il passaggio a fonti energetiche più sostenibili, come l'eolico e il solare, richiederà più collegamenti sottomarini per trasportare l'energia dai parchi offshore alla terraferma. Data l'importanza cruciale di queste infrastrutture per la connettività globale e l'approvvigionamento energetico è fondamentale aumentare la consapevolezza di queste vulnerabilità e la loro protezione sia dal punto di vista dell’integrità fisica sia di quella cibernetica.

Geopolitica dei cavi sottomarini: sfide e evoluzioni. In passato, i cavi e i condotti sottomarini godevano di una certa protezione grazie all'inaccessibilità e alla scarsa conoscenza dei fondali marini. Oggi, meno del 20 percento dei fondali marini è stato mappato, lasciando un vasto potenziale inesplorato sia dal punto di vista economico che scientifico, ma rendendo anche difficile una sorveglianza completa. Con crescenti tensioni tra Occidente, Russia e Cina la situazione diventa sempre più critica. L'importanza di queste infrastrutture ha innescato una corsa al controllo, con gli Stati Uniti attualmente in posizione dominante come principali proprietari di cavi sottomarini. La Cina, tuttavia, sta rapidamente guadagnando terreno puntando a controllare circa il 60 percento di essi entro il 2025. Un traguardo per nulla irrealistico, considerando gli investimenti in rapida crescita in questo settore da parte di imprese statali e di giganti cinesi come Huawei.

Proprio i privati svolgono un ruolo rilevante per il controllo dei cavi sottomarini. La maggior parte di questi cavi non è di proprietà governativa, bensì gestita da consorzi internazionali di aziende private, solitamente telefoniche che affittavano l’utilizzo alle società di internet, in un intricato labirinto di giurisdizioni e leggi internazionali. Negli ultimi anni si è verificato un deciso cambio di rotta: le Big Tech (Google, Meta, Amazon e Microsoft) hanno iniziato a investire direttamente nella gestione di queste reti, sollevando nuove considerazioni sugli equilibri geopolitici e il controllo economico. In risposta a queste sfide, alcuni Paesi stanno investendo nella realizzazione di nuovi cavi sottomarini per diversificare le rotte di connessione, ridurre la dipendenza da altri Paesi o operatori, e aumentare la capacità e la resilienza di questi asset strategici. Adottano misure come il monitoraggio costante, la cooperazione con le autorità marittime e la difesa militare delle infrastrutture sottomarine. Nonostante tali sforzi, la sicurezza dei cavi non è sempre garantita.

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<p>Terna ha testato, in collaborazione con Wsense, una rete di sensori marini per il monitoraggio continuativo in tempo reale delle condizioni ambientali durante la realizzazione delle opere sottomarine (foto Terna)<br /></p>

La battaglia per l’estrazione di metalli e terre rare si sposta negli oceani. Il fondo del mare nasconde molto più di gasdotti e cavi di fibra ottica. È ricco di risorse energetiche e minerarie inesplorate, tra cui depositi di terre rare e noduli polimetallici contenenti manganese, nickel, cobalto e rame. Inoltre, le sorgenti idrotermali formano depositi di solfuri ricchi di metalli preziosi come argento, oro e zinco. Questi elementi sono fondamentali per la produzione di tecnologie verdi come batterie, turbine eoliche e pannelli solari. Il potenziale è enorme, ma a quale prezzo per gli ecosistemi sottomarini? I fondali oceanici, tra gli ultimi habitat incontaminati della Terra, rischiano danni irreversibili a causa dell'estrazione mineraria sottomarina. Oltre ai danni diretti, gli esperti e le associazioni ambientaliste segnalano rischi significativi di inquinamento acustico e luminoso. Per non parlare del cambiamento climatico, i cui effetti possono avere un notevole impatto sullo spazio marittimo e sulle operazioni subacquee. Nonostante queste variabili alcuni governi sono comunque pronti a dare il via libera.

In questo contesto è utile richiamare la disciplina internazionale che regola il vasto mondo degli oceani. La Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (Unclos) fornisce un quadro normativo per la gestione delle attività minerarie nei fondali marini. Questo trattato stabilisce i diritti degli Stati nelle loro acque territoriali, mentre il rimanente 61 percento dei fondali marini è considerato patrimonio comune dell'umanità e regolato dall'International Seabed Authority (Isa), fondata nel 1994. Nonostante le pressioni dell'industria, l'Isa non ha ancora autorizzato lo sfruttamento commerciale dei fondali marini ma ha rilasciato 31 licenze di esplorazione, che impongono rigorose clausole di protezione ambientale, valutazioni d'impatto e piani dettagliati oltre a rapporti annuali. La Cina ne detiene già cinque, più di qualsiasi altro Paese, seguita da Russia, con tre contratti, e dalla Norvegia, che ha già autorizzato estrazioni nell’Artico. Invece gli Stati Uniti, che non hanno mai aderito all’Unclos e nell’Isa sono solo osservatori, non si sono ancora sbilanciati sulle concessioni minerarie, aggiungendo ulteriori complessità al panorama normativo marittimo internazionale.

Tenendo conto dello scenario attuale, in cui la gestione delle infrastrutture subacquee è prevalentemente a carico di entità civili o private, e gli Stati stanno ampliando la propria presenza e influenza sui mari, sia in superficie sia in profondità, secondo gli esperti sarà sempre più importante, per i governi e le organizzazioni internazionali adottare una nuova strategia militare per proteggere i fondali marini da potenziali azioni coercitive nell'utilizzo delle risorse energetiche e altre forme di minacce ibride.

per saperne di più sulle attività di Terna in ambito tecnologia Internet of Underwater Things (IoUT)

La corsa al dominio subacqueo: il ruolo dell'Italia. Per un Paese circondato dal mare come l’Italia, diventa di interesse strategico lo spazio marittimo, e ancora di più quello che si espande dalla superficie fino ai fondali. Questo è evidente anche per la posizione centrale che il nostro Paese occupa nel Mediterraneo. Nonostante occupi solo l'1 percento della superficie acquatica mondiale, il Mediterraneo è attraversato da oltre il 20 percento del traffico marittimo e dal 16 percento del traffico internet globale, connettendo tre continenti. Questa centralità lo rende vitale nei flussi economici e commerciali, ma anche teatro di sfide geopolitiche e controversie dove più di 20 Paesi si confrontano su questioni territoriali e marittime, inclusa la delimitazione delle zone economiche esclusive (ZEE) e delle piattaforme continentali. Queste sfide vanno ben oltre i confini del Mediterraneo, comprendendo il Mar Rosso, la parte dell'Atlantico vicino al Nord Africa e all'Europa, e il Mar Nero: il cosiddetto Mediterraneo allargato.

Queste implicazioni richiedono alla politica estera di considerare sia gli aspetti economici sia quelli di sicurezza e difesa, per proteggere l'indipendenza nazionale e le infrastrutture critiche. Ma anche, di conseguenza, una presenza e un elevato impegno per la Marina militare che, in risposta a queste sfide, ha istituito un Polo nazionale per la dimensione subacquea. Questa struttura funge da incubatore di conoscenze e tecnologie per esplorare la dimensione sottomarina e difendere le infrastrutture critiche, grazie a una governance interministeriale che riunisce Marina, mondo accademico, scientifico e industriale. Inoltre l'Italia sta sviluppando una legge quadro per la blue economy, che regolamenterà l'estrazione mineraria nelle acque territoriali, rafforzando la posizione del paese nelle discussioni internazionali sul cosiddetto "deep sea mining".

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<p>L'adozione della tecnologia dell'Internet of Underwater Things potrebbe rilevarsi un'opportunità strategica per monitorare l'ecosistema marino nel corso della realizzazione dei grandi collegamenti sottomarini (foto Terna)<br /></p>

L'arsenale tecnologico per la sicurezza e la gestione delle risorse subacquee. Il controllo, la sorveglianza e la sicurezza dello spazio subacqueo richiedono non solo mezzi militari e regolamenti, ma anche tecnologie avanzate. I sottomarini restano cruciali per la difesa navale grazie alla loro capacità di eludere la rilevazione sfruttando l'opacità del mare. Con l’innovazione tecnologica, i sottomarini, sia convenzionali sia nucleari, sono diventati molto complessi, silenziosi e versatili, ampliando le loro funzioni. Oltre ai sottomarini i droni sottomarini residenti autonomi stanno rivoluzionando le operazioni subacquee, permettendo attività a grandi profondità senza equipaggio umano a bordo.

Questi veicoli possono rimanere in mare per circa 12 mesi e raggiungere una profondità massima di 3.000 metri per attività di controllo e manutenzione delle infrastrutture sottomarine. Ma questi droni possono fare molto di più: dallo studio e monitoraggio delle specie ittiche alla ricostruzione digitale del fondale marino, dal monitoraggio della qualità dell’acqua agli interventi di emergenza e primo soccorso subacqueo. Il tutto riducendo l'impatto ambientale e i rischi in termini di sicurezza. In un mondo sempre più connesso e competitivo è inevitabile considerare il mondo subacqueo come un vero e proprio dominio operativo, in larga parte inesplorato ma che riveste una grande rilevanza strategica. Dai pericoli dell'inquinamento alla salvaguardia della biodiversità, dalla difesa delle infrastrutture critiche alla gestione responsabile delle risorse marine, sono tutti temi che si impongono ormai nell'agenda dei decision maker e richiederanno, sempre di più, una collaborazione globale per garantire un futuro sostenibile per il nostro pianeta blu.