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Transizione

Su clima ed energia servono scelte radicali. Parla Annalisa Corrado

La pandemia prima, la guerra in Ucraina poi, hanno imposto i temi del clima e della dipendenza dalle fonti fossili. Le riflessioni di una delle più note ambientaliste e divulgatrici di questi temi, tra i dirigenti dell'associazione Kyoto Club.

Sostenibilità, lotta al cambiamento climatico, impatto ambientale. Sono temi diventati fondamentali negli ultimi anni, ma su cui spesso aleggia l'ombra della vaghezza. Eppure, come dimostra il lavoro portato avanti da Terna, il contrasto al climate change ha bisogno di concretezza, rigore e trasparenza. Quantificando l’impatto delle azioni proposte, ma anche provando a giocare d’anticipo, con investimenti a lungo termine. Ne abbiamo parlato con Annalisa Corrado, ambientalista, autrice di libri di successo come "Le ragazze salveranno il mondo" (People Storie, 2020) e consulente di Alessandro Gassman in "Io e i Green Heroes" (Piemme, 2022). L’ingegnere Corrado ha lavorato a stretto contatto con il gestore della rete di trasmissione elettrica nazionale in un'iniziativa sui KPI ambientali di NexTerna, che AzzeroCO2 ha seguito insieme al team di Sostenibilità del gruppo. NexTerna è un progetto che ha l'obiettivo di favorire una nuova cultura lavorativa e nuovi modelli di leadership.

Nel corso degli ultimi due anni la lotta al cambiamento climatico è tornata al centro delle agende mondiali, come se la pandemia ci fosse servita a capire l’importanza di questo tema. Non a caso la transizione energetica ed ecologica sono al centro del Next Generation Eu e del Green New Deal. A che punto siamo con la lotta al cambiamento climatico?

«Sin dall’inizio della pandemia sono state scoperte delle correlazioni tra lo spillover del virus e la distruzione degli ecosistemi primari, l’aggressività del modello economico imperante e l'inquinamento. Questo ha catalizzato l’attenzione dei Governi e dell'opinione pubblica verso l’ambiente. A incidere sono stati anche l’ondata dei Friday For Future e il fatto che l'Apec Climate Center abbia chiaramente detto che il cambiamento climatico è ormai quasi irreversibile. È nata una nuova sensibilità che ha coinvolto anche la politica. Lo si vede nelle ultime decisioni dell'Unione Europea, dal Fit for 55 al Green New Deal, passando ai vincoli imposti ai singoli Stati per ottenere i fondi del Next Generation Eu. Tutti strumenti che almeno inizialmente sembravano poter portare a una svolta. Poi però è arrivata la reazione di chi trae vantaggi dal mantenere lo status quo, ci sono stati tentativi di greenwashing e di far passare alcune fonti come utili alla transizione quando in realtà non lo sono, tant’è che anche la tassonomia europea si è molto allargata. Diciamo che ad oggi continua a mancare il coraggio di tradurre gli obiettivi in scelte radicali».

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Laureata in ingegneria meccanica, PhD in energetica presso l’Università di Roma “La Sapienza”, Annalisa Corrado è responsabile dello sviluppo di progetti innovativi presso la ESCO AzzeroCO2 e responsabile delle attività tecniche dell’associazione Kyoto Club

Con l’esplosione della guerra in Ucraina sotto il profilo economico non si parla d’altro che di carenza di materie prime e della dipendenza europea (e italiana soprattutto) dalla Russia. Il conflitto può rallentare il cammino verso una riduzione delle emissioni e la lotta al cambiamento climatico?

«Il problema non nasce oggi, ma negli anni passati. Ben prima della guerra, quando il costo del gas era schizzato alle stelle e con esso quello delle bollette di gas ed elettricità, in Italia e in Europa invece di puntare sulle rinnovabili abbiamo cominciato a dare la colpa alla transizione ecologica. (Il vicepresidente della Commissione europea) Frans Timmermans lo ha detto chiaramente: "Se avessimo fatto il Green New Deal cinque anni fa, oggi non ci troveremmo in questa situazione". Banalmente risparmiare energia investendo sull’efficienza energetica o produrla investendo sulle fonti rinnovabili ci avrebbe messo al riparo dalle conseguenze economiche del conflitto e avrebbe ridotto la nostra dipendenza dalla Russia. C'è una forte difficoltà a uscire dalla logica che le rinnovabili siano un costo e continuiamo a pensare che non abbiano la capacità di fare la differenza. E invece è l'esatto contrario: se avessimo investito sulle rinnovabili avremmo un'indipendenza energetica che ci terrebbe al riparo dagli aumenti delle bollette e dalla ricattabilità politica. L'Unione Europea, ad oggi, dà alla Russia quasi un miliardo di euro al giorno a causa del picco di costo dei combustibili fossili. Qual è la reazione di fronte a ciò che sta capitando nelle ultime settimane? Riaprire le centrali a carbone, differenziare il gas».

E qual è invece la soluzione ai problemi attuali, secondo lei?

«Ad oggi sembra che non ci sia nessuna fiducia sul fatto che serve cambiare ottica. È fondamentale invece puntare sull'elettrificazione, sulle rinnovabili e sull'efficientamento energetico, sbloccando i 120 GW di autorizzazioni ferme. È questa la strada giusta. Elettricità Futura, la Confindustria elettrica, ha messo sul tavolo una proposta molto sfidante, dicendo che lo sblocco delle autorizzazioni consentirebbe all'industria di produrre 60 GW di rinnovabili in tre anni, abbatterebbe la bolletta del 40% e garantirebbe 80-100mila posti di lavoro. Per uscire da questa crisi bisogna smettere di pensare alle rinnovabili come a una nicchia e cominciare a considerarle la soluzione al problema».

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(Andreas Glucklhorn/Unsplash.com)

In questo contesto cosa possono fare le imprese per contribuire alla battaglia contro il climate change?

«Le imprese possono fare moltissimo, lo dimostra proprio il presente. Quelle che hanno investito di più sull'autoproduzione di energia, sulle rinnovabili, sull'efficienza energetica hanno molti meno problemi, così come le aziende che hanno puntato sull'economia circolare e hanno quindi meno bisogno di materie prime perché fanno riferimento anche ai mercati dello scarto e del rifiuto. I dati dimostrano che queste imprese oggi sono più solide, più resilienti e stanno risentendo meno degli effetti economici del conflitto. Era già chiaro dalla crisi economica del 2008 e dalle difficoltà innescate dalla pandemia di Covid-19. È diventato ancor più cristallino oggi perché i costi che si stanno impennando sono proprio quelli relativi all'energia e alle materie prime. Chi è stato lungimirante opera in una posizione di vantaggio. Le imprese devono dunque pensare che investire sull'efficientamento energetico significa pensare a lungo termine. I soldi spesi oggi tagliano la spesa di domani. Chi ha investito sulla sostenibilità due anni fa, dati i costi attuali, oggi sta vedendo il ritorno del proprio investimento. Combattere il cambiamento climatico rende inoltre più competitivi e porta dei benefici enormi in termini reputazionali».

Chi sono i "green heroes" di cui parla Alessandro Gassman nel suo libro, a cui lei ha fornito supporto scientifico insieme al Kyoto Club?

«I green heroes sono aziende che mettono quotidianamente in pratica ciò di cui abbiamo parlato finora, dimostrando che costruire la propria impresa attorno alla sostenibilità ambientale non è solo lodevole, ma è anche una scelta economicamente vincente. Sono realtà generative e non predatorie. Lo sono rispetto al territorio perché restituiscono valore, ma anche rispetto alle persone che lavorano nell'azienda e alle comunità che vivono in quei luoghi. Parliamo di aziende che impattano pochissimo, creano posti di lavoro, creano economie e producono fatturati. Raccontare i green heroes significa spiegare ai cittadini i tantissimi modi in cui è possibile operare e guadagnare aiutando al tempo stesso l’ambiente».

«Le aziende che puntano molto sulla sostenibilità ambientale fanno una scelta economicamente vincente. Sono realtà generative e non predatorie. Lo sono rispetto al territorio perché restituiscono valore, ma anche rispetto alle persone che lavorano nell'azienda e alle comunità che vivono in quei luoghi».

AzzeroCO2, insieme al team di Sostenibilità di Terna, ha portato avanti un progetto importante che mostra come anche le grandi aziende possano imboccare la strada della sostenibilità e della transizione energetica…

«Il progetto NexTerna è molto ambizioso. Intende arrivare a un "new normal" più sostenibile e virtuoso attraverso una serie di cambiamenti strutturali che entrino a fare parte delle pratiche gestionali del gruppo. La cosa che ci ha colpito, come AzzeroCO2, è stato vedere la grande volontà di Terna di dotarsi immediatamente di strumenti di monitoraggio dei risultati delle azioni proposte. Molte aziende parlano di abbattimento delle emissioni e di azioni concrete a favore dell'ambiente, ma senza una rigorosa quantificazione si rischia che rimangano solo parole. Terna invece ha avuto sin dall'inizio l’intenzione di fare tutto in modo trasparente, provando a quantificare il beneficio atteso e a monitorare che una volta implementate le azioni, quel beneficio esista. Quello che abbiamo fatto noi di AzzeroCO2, in qualità di consulenti insieme allo studio Fieschi, è stato costruire degli indicatori d'impatto attorno alle azioni messe in campo da Terna, fornendo all'azienda degli algoritmi che, dati alla mano, siano in grado di dimostrare e verificare che il risultato atteso sia stato raggiunto».

Quali sono le azioni oggetto di monitoraggio?

«Sono moltissime. Un esempio può essere relativo all'impatto dello smart working. Il fatto che Terna abbia deciso di puntare su una modalità di lavoro ibrida che consenta un'alternanza tra ufficio e casa o spazi di coworking ha un impatto positivo enorme sull’ambiente in termini di CO2, di qualità dell'aria, di traffico cittadino e di tempo recuperato. E questo impatto può essere quantificato. Lo stesso si può dire per la smaterializzazione delle riunioni, del protocollo plastic less e dell'ottimizzazione delle mense che mira a ridurre gli sprechi. Parliamo di azioni concrete che incidono in maniera tangibile sull’ambiente e contribuiscono alla lotta al cambiamento climatico».

E i singoli cittadini, invece, come possono contribuire a rendere il mondo un posto più sostenibile?

«Anche il contributo dei singoli è fondamentale. L’economista Leonardo Becchetti parla di "voto col portafoglio", riferendosi al potere che i cittadini hanno nel momento dell'acquisto, facendo scelte responsabili e sostenibili. Noi, con la nostra spesa, votiamo per il tipo di economia che vogliamo alimentare. Il potere del consumatore è molto grande e allo stesso tempo molto poco conosciuto. Cosa si può fare in concreto? Scegliere filiere corte, privilegiare l’agricoltura biologica, ridurre il consumo di carne, evitare di sovvenzionare la fast fashion, abolire la plastica monouso, approvvigionarsi nei negozi dello sfuso. Gli esempi sono tanti e fanno riferimento anche alla nostra socialità: possiamo fare gruppi d’acquisto e orti sociali, possiamo costruire una comunità energetica. Esistono moltissimi modi per essere protagonisti della lotta al cambiamento climatico».