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Sfide

Lavorare “smart” è una sfida, serve coraggio. Parla Emilia Rio

La pandemia ha radicalmente rivoluzionato il nostro modo di lavorare, ma era smart o home working? E d’ora in poi, come sarà destinato a evolversi? Terna ha pensato a qualche soluzione.

La pandemia ha radicalmente rivoluzionato il nostro modo di lavorare, non solo per l’esplosione dello smart working, ma anche perché ci ha fatto comprendere la necessità di attuare un profondo ripensamento di spazi, modalità e meccanismi di lavoro in funzione di una realtà che non sarà mai più la stessa. Una cosa, infatti, è certa: quando potremo finalmente considerare finita l’emergenza Covid, il nostro lavoro non sarà più quello di prima. La domanda che tutti si pongono è quindi: “Come sarà?”. Ne abbiamo parlato con Emilia Rio, direttrice People Organization and Change di Terna che ci ha spiegato quali saranno le necessità del mercato ma anche come Terna, in qualità di gestore del sistema elettrico italiano e regista della transizione energetica, si sta organizzando per anticipare i cambiamenti che verranno e per diventare un esempio per tutte le aziende chiamate ad affrontare la realtà post pandemica.

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Il nuovo spazio di co-working Terna vicino alla stazione Termini di Roma (foto Terna)

Dottoressa Rio, lei ha più volte ribadito che quello sperimentato nel corso della pandemia non è stato uno smart working, ma più una sorta di home working, qual è la differenza fondamentale tra le due modalità lavorative?

«Grazie agli strumenti tecnologici a nostra disposizione abbiamo sperimentato una rapida remotizzazione del lavoro per reagire a una situazione che ci ha colto di sorpresa. I lavoratori si sono semplicemente ritrovati a lavorare da casa: abbiamo visto persone lavorare dalla cucina, dalla camera da letto, da spazi di fortuna. Credo che queste non siano condizioni favorevoli ad assicurare un equilibrio personale e lavorativo. Ciò che abbiamo vissuto non può essere quindi considerato un esempio di smart working, ma una reazione a una situazione di emergenza».

Terna come se l’è cavata?

«Terna non si è fermata, è andata avanti. Ha stabilito delle regole di sicurezza per garantire il lavoro sul campo degli operativi e, durante la fase di lockdown, ha remotizzato tutti i lavoratori che potevano lavorare da casa. Con il passare del tempo stiamo creando le condizioni per anticipare e regolare i cambiamenti che stanno interessando il mondo del lavoro. Abbiamo già lanciato NexTerna, un programma composto da sette cantieri focalizzati sulla digitalizzazione dei processi e degli strumenti in grado di garantire produttività ed efficienza, ma anche di assicurare una migliore qualità della vita dei lavoratori, compresi quelli in smart working».

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La direttrice People Organization and Change di Terna Emilia Rio (foto Terna)

Quindi a suo parere non è stato solo un esperimento passeggero, ma lo smart working è ormai entrato stabilmente a far parte della nostra vita lavorativa?

«Lo smart working è destinato a restare. Tornare in ufficio cinque giorni su cinque non è più nei desideri di nessuno. Dobbiamo quindi ripensare il nostro modo di lavorare e i nostri spazi. Terna lo sta facendo in diversi modi: il primo è rappresentato dai nuovi spazi di co-working che abbiamo creato a Roma, una città difficile sotto il profilo della mobilità. Abbiamo visto dove sono concentrate le abitazioni dei nostri colleghi e abbiamo tracciato un perimetro di 3 chilometri, che rappresenta la distanza massima che devono percorrere per raggiungere questi punti di lavoro che si trovano vicino alla stazione Termini e a Roma Sud. Così facendo permettiamo ai colleghi di lavorare in modo confortevole, con tecnologie adeguate e in uno spazio dedicato. Allo stesso tempo abbiamo avviato un’importante riflessione sulla fruibilità degli uffici. Devono esserci spazi che rispondano alle nuove esigenze e consentano di coordinare il lavoro di chi si trova in ufficio, ma anche di chi è in co-working e di chi è in smart working. Quando andiamo in ufficio prenotiamo il nostro spazio personale attraverso una app».

Come si riflettono queste nuove abitudini sull'organizzazione?

«A cambiare deve essere innanzi tutto il ruolo del leader, che oggi è chiamato a gestire una realtà diversa rispetto a quella che abbiamo sperimentato durante la pandemia. Abbiamo fatto una ricerca, chiedendo ai lavoratori di Terna “cosa si aspettano da un capo”. Sulle loro indicazioni abbiamo costruito un nuovo modello di leadership basato su tre sfide: continuare a garantire la performance dei lavoratori, assicurare l’engagement e favorire il benessere delle persone. Su questo modello abbiamo inoltre fornito quattro orientamenti che sono diventati la nostra bussola: sostenibilità, coinvolgimento, innovazione, intraprendenza. Serve poi quello che chiamiamo un cuore valoriale, che tenga insieme i valori che servono per fare fronte alle nuove sfide: questi valori si chiamano coraggio, lealtà e inclusione».

A proposito di sostenibilità, come si conciliano i cambiamenti che il mercato del lavoro sta sperimentando con la transizione energetica in corso? Il vostro modello di co-working si inserisce nell’idea di “città in 15 minuti” di cui si parla molto nell’ultimo periodo…

«La città in 15 minuti implica un ripensamento urbanistico importante. Noi stiamo già applicando questa idea dando ai nostri colleghi la possibilità di raggiungere lo spazio di co-working senza attraversare l’intera città per andare in ufficio. Se lavoro a meno di 3 chilometri da casa questa distanza posso percorrerla a piedi, in bicicletta, con il monopattino elettrico, non ho la necessità di prendere l’auto e inquinare. Stiamo anche facilitando gli abbonamenti a servizi di car sharing elettrici per consentire ai colleghi di spostarsi in maniera sostenibile. Fondamentale sarà anche modificare le nostre abitudini e garantire maggiore flessibilità. Occorrerà del tempo, non sarà una trasformazione rapida, ma Terna vuole diventare un modello, un esempio pratico a cui ispirarsi per fare ciò che occorre per favorire la transizione».

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L'inaugurazione del nido MiniWatt vicino alla sede centrale di Terna, a Roma (foto Terna)

Quando si parla di sostenibilità ci si riferisce anche agli aspetti sociali e di governance che caratterizzano le aziende. Ci sono delle innovazioni che lei ritiene importanti sotto il profilo del welfare per favorire un migliore equilibrio vita-lavoro?

«Questo è un periodo bellissimo perché ci consente di sperimentare. Terna ha solo cominciato. In materia di welfare offriamo dei prestiti per venire incontro alle esigenze dei lavoratori. Per favorire una migliore conciliazione vita-lavoro abbiamo inaugurato un asilo nido presso la nostra sede centrale, si chiama "MiniWatt" e ospita fino a 23 bambini dai 6 ai 36 mesi. È stata avviata un’importante riflessione sulla necessità di flessibilizzare sempre di più gli orari di lavoro allo scopo di creare migliori condizioni per le donne e gli uomini che lavorano a Terna».

La vostra azienda è “World’s Best Employer 2021″ per la categoria Utilities nella classifica realizzata da Forbes. Quali sono i vostri punti di forza?

«Il coraggio della sperimentazione. Terna in questo periodo di trasformazione si è messa molto in gioco. Durante la pandemia non abbiamo lasciato soli i colleghi, abbiamo offerto assistenza sanitaria e riorganizzato il lavoro degli operativi, garantendo loro di poter lavorare in condizioni sicure. C’è un dialogo continuo tra i vertici e i lavoratori, non ci sono decisioni imposte dall'alto, ma iniziative che sono frutto di un dialogo continuo. In questo contesto, un ruolo molto importante lo ha svolto il nostro AD Stefano Donnarumma che si è speso in prima persona per spiegare l’importanza della sicurezza, per fare percepire l’esistenza di un progetto comune che riguarda tutti i professionisti dell'azienda. Un messaggio importantissimo in un periodo come quello che stiamo vivendo».