Anche nel 2020 in Brasile, e in particolare nella Foresta Amazzonica, si sono registrati numerosi incendi, a un livello preoccupante almeno come quello dell'anno precedente, in cui si era parlato di una delle peggiori stagioni di incendi dell'ultimo decennio. Ma nonostante questo sui canali di informazione la questione è stata affrontata in maniera marginale.
In parte è una conseguenza della necessaria copertura mediatica della pandemia, che tra gli altri ha colpito maggiormente proprio il Brasile, dove sono stati registrati oltre 170mila morti. Un’altra potenziale ragione riguarda la lingua: se succede qualcosa negli Stati Uniti, ad esempio, ci sono più giornalisti sul posto a coprire la notizia, più persone di lingua inglese a esserne testimoni e a diffondere la cosa sui social network, e più utenti che da tutto il mondo frequentano i siti di news per approfondire l’argomento. In questo senso, non stupisce che si sia parlato comunque molto di più degli incendi in Brasile che di quelli in Bolivia, Colombia o Venezuela, altrettanto preoccupanti.
Un altro aspetto coinvolge l’uso delle immagini e la loro potenzialità nel diventare virali. Per gli incendi in Californiani dello scorso settembre gli scatti in cui il cielo di San Francisco era oscurato, così come quelle che mostravano animali in difficoltà durante gli incendi australiani, erano state di grande impatto per le persone, e come tali avevano goduto di una diffusione globale: lo stesso non si può dire per gli incendi odierni del Brasile, in cui non sono state prodotte fotografie in grado di circolare altrettanto.