«La sparizione della banchisa estiva nell’Artico è una delle prime mine di un campo minato, uno dei punti di non ritorno a cui stiamo arrivando facendo aumentare troppo le temperature. (…) È legittimo chiedersi se forse non abbiamo già messo il piede su questa mina e innescato l’esplosione». Con queste parole il fisico e climatologo Markus Rex ha descritto il possibile meccanismo irreversibile dello scioglimento dei ghiacci dell’Artico durante i mesi estivi, dovuto al cambiamento climatico causato dalle emissioni di gas serra delle attività umane.
Il loro completo scioglimento potrebbe avere serie conseguenze soprattutto sul clima delle aree che si affacciano sull’Artico, come la Groenlandia. Ma non solo: l’incremento della temperatura media nella regione porta con sé effetti collaterali come l’aumento dei livelli dei mari e la modifica delle correnti oceaniche, influenzando così la vita di interi ecosistemi in cui vivono milioni di specie.
Tali cambiamenti, inoltre, sarebbero una delle cause degli eventi atmosferici sempre più estremi che si manifestano ogni anno. Rex ha affrontato tutto questo durante la presentazione delle prime conclusioni sulla più grande spedizione scientifica tra i ghiacci attorno al Polo Nord, di cui era peraltro a capo, portata avanti tra il 2019 e il 2020.
Con un budget di 140 milioni di euro, il progetto ha coinvolto 300 scienziati provenienti da oltre 15 Paesi diversi, e in 389 giorni di attività ha permesso di raccogliere 150 terabyte di dati sull’atmosfera e sugli ecosistemi dell’Artico, oceano che ricopre la parte più settentrionale della Terra e che rappresenta una delle aree più esposte al riscaldamento globale – si sta infatti scaldando a circa il doppio della velocità rispetto a buona parte del resto del Pianeta.