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Transizione

Cinque consigli pratici per aiutare la terra. Parla Grammenos Mastrojeni

Grammenos Mastrojeni, vicesegretario dell’Unione per il Mediterraneo, diplomatico e professore, ci racconta come un nostro piccolo battito d’ali possa provocare un uragano dall’altra parte del mondo.

Per aiutare il nostro pianeta non servono sacrifici e rinunce eroiche, bastano pochi piccoli cambiamenti nel nostro stile di vita. Cambiamenti in grado di dare il via a una serie di conseguenze e concatenazioni positive, riassumibili sotto l’espressione “effetto farfalla”. Lo sa bene Grammenos Mastrojeni - vicesegretario dell’Unione per il Mediterraneo, diplomatico e professore –, che da oltre vent'anni si dedica al tema dei cambiamenti climatici del pianeta e su questo tema ha scritto il libro “Effetti farfalla: 5 scelte di felicità per salvare il pianeta” (Chiarelettere, 2021). In occasione dell’Earth Day 2021 abbiamo chiesto direttamente a lui cinque consigli per raggiungere questo obiettivo attraverso l’impegno individuale: il punto di partenza, insieme alle iniziative istituzionali di imprese e governi, per un futuro più sostenibile.

Mastrojeni, per non aggravare la situazione e contribuire alla lotta al cambiamento climatico…

Cosa dovremmo mangiare?

«Se confrontiamo la nostra piramide alimentare con l’impatto sull’ambiente della produzione dei cibi in essa presenti, scopriamo che più un cibo è “dannoso”, tanto più la sua produzione fa male al pianeta. Non è una coincidenza del settore, ma una regola applicabile a tutti: essere sostenibili sprigiona benessere e mette in moto delle catene di conseguenze che sono straordinarie. Ad esempio se mi sottraggo a un consumo esagerato di carne, mi sottraggo anche all’inquinamento della sua produzione e alla filiera dei mangimi che coinvolge spesso territori sottratti a ecosistemi vergini o a popolazioni più fragili. In pratica, il mio gesto individuale (a parte remunerarmi con l’immediato aumento del benessere) è anche un potentissimo riequilibratore del sistema attuale e della giustizia. E se c’è giustizia c’è pace.
Non significa rinunciare a qualcosa, ma rinunciare all’eccesso che fa male; la chiave per il futuro alimentare quindi non è “meno”, ma “meglio”, secondo un criterio che privilegi la qualità rispetto alla quantità».

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(Pexels.com/Luis del Río)

Cosa dovremmo indossare?

«Anche per questa domanda, vale lo stesso discorso. I milioni di vestiti prodotti ogni anno, che durano il soffio della stagione in cui sono di moda, sono una forma di schiavitù per noi e il primo anello di una serie di conseguenze devastanti. La guerra in Siria, ad esempio, forse non ci sarebbe stata senza la nostra fame di moda. Alla sua radice c’è infatti il cambiamento del sistema agricolo siriano, passato da fattorie familiari a fattorie più o meno industriali, produttrici di cotone. Il cotone ha però bisogno di molta acqua: con i cambiamenti climatici è arrivata una forte siccità, che ha portato 1 milione e 800mila persone a spostarsi dalle campagne alle città. È un esempio forte, ma riassume bene l’effetto delle nostre piccole scelte e la loro potenza, che però può essere positiva. Quando scegliamo la libertà, la qualità, l’"essere piuttosto che avere", diventiamo sostenibili: per i vestiti la regola è la stessa».

Come dovremmo muoverci?

«Il trasporto è un ambito in cui mi è possibile solo quello che consente il mio territorio. Abbiamo però più linee d’azione, sempre nella ricerca del nostro benessere e quindi della sostenibilità. La prima è fare il possibile nel contesto in cui viviamo: in Italia quasi il 90% degli spostamenti in macchina non superano i due chilometri, che equivalgono a cinque minuti di bicicletta o una ventina a piedi; alla fine, non è sempre questione di tempo. La seconda linea di azione riguarda invece il contesto strutturale, che magari non consente scelte di mobilità sostenibile. Possiamo cambiarlo in due modi: votando per chi cerca questo cambiamento o, ancora una volta, scegliendo la qualità. Ma non solo nel trasporto, in tutto. Se scelgo la qualità mi oriento automaticamente verso la produzione di minore scala, la distribuzione sul territorio, la località e la prossimità. Ciò riattiva questo tipo di commercio e sottrae un’enorme porzione di necessità di movimento. La scelta della qualità in tutto ciò che compriamo diventa un riformulatore dell’organizzazione urbana, che poi porta a risolvere il problema trasporto rendendolo meno necessario».

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Il diplomatico Grammenos Mastrojeni, vicesegretario dell’Unione per il Mediterraneo, autore del saggio “Effetti farfalla: 5 scelte di felicità per salvare il pianeta”

Cosa dovremmo buttare?

«Se io mi pongo solo come consumatore che deve decidere in che bidone mettere qualcosa, la mia scelta conta poco. Non decidendo noi gli imballaggi e la loro vera destinazione finale, la soluzione è collettiva e strutturale, e deve affrontare il problema dell’iperproduzione. La nostra economia produce tantissimo per sostituire dei servizi che la natura ci dà spontaneamente. Se d’estate fa caldo e cerco refrigerio, posso trovarlo in un bosco o nel surrogato artificiale del suo servizio, come l’aria condizionata di un centro commerciale. La prima non produce scarti, la seconda sì e inoltre non mi dà la qualità del servizio che mi dà la natura. La vera risposta alla domanda non sta tanto nel riciclo e nelle nuove tecnologie di trattamento di rifiuti (che restano molto importanti), ma nella volontà di consumare meno scegliendo ciò che di meglio ci propone la natura».

Come dovremmo spendere?

«Con il nostro portafoglio possiamo votare per un mondo che si salva e che è diverso, ma dobbiamo uscire dall’illusione che questa scelta parta da questo presupposto. Statisticamente meno dell’1% della popolazione tiene conto nelle sue scelte del bene comune. Quando compriamo un prodotto vogliamo sostanzialmente un buon rapporto qualità-prezzo. La buona notizia è che la ricerca della qualità (al posto della quantità) sta diventando sempre più frequente e semplice. E se uno è sufficientemente libero da scegliere in questo senso, con i suoi acquisti orienta un mercato che va verso un nuovo equilibrio. Insomma con il nostro portafoglio siamo gli attori più potenti».