Osmose seminario workshop Terna 2
Insight

PNRR e transizione ecologica. Parla Domenico Villacci

Secondo il direttore del Consorzio EnSiEL il sistema energetico va considerato, sempre di più, come l'insieme di tutte le sue componenti, non solo quella elettrica. Solo così si riusciranno a garantire soluzioni più robuste e affidabili, e meno esposte a errori.

Un po’ di contesto: la transizione ecologica è uno dei pilastri del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), approvato nel 2021 dal governo italiano per rilanciare l’economia dopo la pandemia da COVID-19. In particolare si tratta della “missione 2” del piano, articolata a sua volta in quattro “componenti” con obiettivi che comprendono la transizione energetica con una priorità sulla decarbonizzazione. Lo stanziamento complessivo, per questa missione, è di 59,46 miliardi di euro, a cui si aggiungono le risorse del fondo complementare dedicato a progetti e interventi collegati a quelli già previsti nelle missioni.

Il professor Domenico Villacci, direttore del Consorzio EnSiEL (il Consorzio interuniversitario nazionale per energia, sistemi e impianti elettrici) e ordinario di Sistemi elettrici per l’energia all’Università “Federico II” di Napoli è un esperto del tema. Negli ultimi tempi si è infatti occupato in prima persona degli investimenti dedicati in particolare alla ricerca. Secondo lui «parlare di sistema energetico significa guardare all’insieme di tutte le componenti di questo sistema: la parte elettrica, meccanica, chimica, integrate insieme» e solo così saremo in grado di affrontare una situazione, come quella attuale, caratterizzata da «un’interdipendenza funzionale sempre più diretta». Come ci ha insegnato la crisi energetica.

Centro nazionale controllo service control room Terna

Un'immagine del Centro nazionale di controllo di Terna, a Roma (foto Terna)

«Il PNRR inciderà in maniera importante nella transizione energetica e, di conseguenza, nello sviluppo dell’intero sistema Paese. Io faccio riferimento a quelli che sono gli investimenti del PNRR relativi alla ricerca e gestiti dal MUR (Ministero dell’Università e della Ricerca). Parliamo di circa 6 miliardi, per i prossimi 5 anni, ripartiti in 4 misure della componente 2 della missione 4 “Istruzione e Ricerca”, destinati alla ricerca in filiera», spiega Villacci, tra i protagonisti di uno dei recenti Tech Talk organizzati da Terna, il gestore della rete di trasmissione elettrica nazionale.

Si tratta di quattro misure che coinvolgono:

* interventi legati ai Partenariati allargati estesi a Università, centri di ricerca e imprese, per 1.610 milioni di euro, per finanziare in prevalenza attività di “ricerca fondamentale” e/o applicata trasversale, con approccio interdisciplinare, olistico e problem solving;

* potenziamento di strutture di ricerca e creazione di campioni nazionali di ricerca e sviluppo, per 1.600 milioni di euro, per finanziare attività connotabili come “ricerca di frontiera su tematiche strategiche che si rifanno a tecnologie abilitanti”;

* creazione e rafforzamento di ecosistemi dell'innovazione, per 1.300 milioni che finanziano attività per la “creazione e la promozione dell’innovazione e della sostenibilità per un’area/territorio di riferimento”;

* fondo per la costruzione di un sistema integrato di infrastrutture, ricerca e innovazione, suddiviso in Infrastrutture di Ricerca e in Infrastrutture di Innovazione, per 1.580 milioni, che finanzia il “potenziamento di laboratori d’avanguardia dove nasce l’innovazione”.

Osmose seminario workshop Terna

Il workshop "La ricerca e il ruolo della Flessibilità per il Sistema Elettrico: il Progetto OSMOSE" che Terna ha ospitato il 15 settembre 2022 nel suo auditorium a Roma e in web streaming (foto Terna)

«Sono investimenti importanti che dovranno tra l'altro rispondere a diverse esigenze, in particolare ai requisiti legati al clima; quindi creando prodotti finalizzati al mercato che vanno nella direzione della transizione verde, così come della transizione digitale», prosegue Villacci.

Queste misure hanno dato luogo all’approvazione di numerosi progetti a livello nazionale: siamo ormai agli sgoccioli con le fasi conclusive e l’avvio delle attività progettuali vere e proprie previsto con l’inizio del 2023. Per la prima volta, inoltre, si sperimenta la partnership tra pubblico e privato nelle infrastrutture dell’innovazione: strutture, strumenti, impianti, risorse e servizi finalizzati ad aumentare la competitività nelle attività di ricerca e sviluppo tecnologico dell’industria. Misura che prevede una quota minima del 51% di investimenti da parte dei privati e del contributo massimo del 49% dalla parte pubblica.

Osmose seminario workshop Terna 2

L'intervento di Domenico Villacci al workshop di Terna su Osmose, lo scorso 15 settembre (foto Terna)

«In questo senso il Consorzio EnSiEL sta assumendo diversi ruoli, tra cui il ruolo di coordinamento a livello nazionale tra le 23 università che ne fanno parte. Stiamo dando un contributo come rete di università per quanto riguarda la partecipazione ad alcune tipologie di progetti, in particolare alle infrastrutture dell’innovazione dove è importante un'ampia azione di coordinamento».

In questo contesto il ruolo dei giovani è importantissimo e viene valorizzato. È previsto il finanziamento di posizioni di ricercatori a termine, così come di dottorati di ricerca. In più tra i diversi requisiti che tutti questi progetti devono garantire c’è quello contro la disparità di genere: almeno il 40% delle persone coinvolte nelle iniziative devono essere donne. Un altro paletto importante riguarda la disparità territoriale e, in questo caso, almeno il 40% dell'investimento complessivo deve essere devoluto al Mezzogiorno.

«Il sistema energetico nazionale è sempre più da considerarsi un unicum non solo dal punto di vista della pianificazione, ma anche e soprattutto in un’ottica progettuale e funzionale», continua Villacci. «Parlare di sistema energetico significa guardare all’insieme di tutte le componenti di questo sistema: la parte elettrica, meccanica, chimica, integrate insieme. Come università oggi crediamo che il futuro sia sviluppare azioni di pianificazione, di progettazione, di esecuzione che prendano in esame vincoli e vettori energetici che non sono soltanto quello elettrico. Questo è fondamentale perché abbiamo visto che nella realtà si va sempre di più intensificando un’interdipendenza funzionale sempre più diretta, lo stiamo vivendo in questi giorni, con la crisi energetica. È un discorso estremamente complesso».

Domenico Villacci Terna

Domenico Villacci, direttore del Consorzio EnSiEL e ordinario di Sistemi elettrici per l’energia all’Università “Federico II” di Napoli

E la transizione energetica come si inserisce in questo discorso? «Oggi tutti parlano di transizione energetica», spiega il professore. «La transizione energetica è qualcosa di necessario non solo per la decarbonizzazione dell'atmosfera, ma ancora di più per la salvaguardia ambientale dell’intero pianeta che viene ogni giorno “massacrato” dall’azione dell’uomo. La transizione energetica non è una passeggiata ma ha un costo elevato, e questo è un messaggio che bisogna dare in maniera chiara ai cittadini. Nella transizione energetica non c'è l'avere, come la maggior parte dei cittadini si aspetta, c'è innanzitutto il dare».

Trattare il sistema energetico in maniera integrata e nell’insieme delle sue componenti, in sintesi, ci aiuterebbe a trovare soluzioni di pianificazione, progettazione e gestione che risultino più robuste, più affidabili e meno esposte a errori. «Il sistema energetico con sempre maggiore frequenza si viene a trovare in condizioni vicine al limite delle prestazioni reali: questo comporta che i margini di errore oggi ammissibili, tanto nella programmazione quanto nella gestione funzionale, sono sempre più contenuti. Fare un errore in termini di programmazione, pianificazione, progettazione può portare a danni notevoli: lo stiamo toccando con mano in questi mesi di crisi energetica che sta mettendo a dura prova il sistema energetico dell’intera Europa e dell’Italia in particolare», conclude il professor Villacci. Ma il suo finale è tutt’altro che cupo: «La ricerca, potenziata ancora di più con le risorse europee del PNRR, saprà senza dubbio contribuire con efficacia nel trovare una risposta alle esigenze del Paese con soluzioni più adeguate, ecosostenibili, economiche e, soprattutto, più sicure».