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Insight

Un “polmone” di elettricità diffusa per un sistema più verde e sicuro

Il successo della prima asta per gli accumuli al servizio della flessibilità del sistema elettrico, nell’ambito del progetto Fast Reserve, dedicato alla sperimentazione di una regolazione ultrarapida.

Prende forma il grande polmone digitale dell’energia rinnovabile prodotta, accumulata e scambiata con chi in quel momento ne ha più bisogno. Ci regalerà (lo sta già facendo) un sistema elettrico più economico da gestire, più sicuro per tutti, più flessibile nelle sue capacità di risposta al mutare delle richieste dei cittadini e delle imprese, perfino più “democratico” perché capace di usare, al servizio della rete, anche i piccoli impianti di autoproduzione che stanno proliferando soprattutto grazie alle rinnovabili. Miracoli, che in realtà sono frutto della tecnologia e del mercato, della produzione elettrica distribuita, dei sistemi di accumulo a batterie e della voglia di Terna - il gestore della rete elettrica in alta e altissima tensione - di accelerare nelle soluzioni messe a disposizione dall’evoluzione tecnologica.

Anni di sperimentazione sulle tecnologie con l'obiettivo di mettere a punto le soluzioni anche sul fronte delle regole di mercato e dei meccanismi contrattuali. E ora il via, quello vero. Con un successo persino inatteso. Si è chiusa infatti con non poche sorprese l’asta con la quale Terna ha aggiudicato in dicembre, tra i primi al mondo, 250 megawatt di accumuli al servizio della flessibilità della rete elettrica nazionale nell’ambito del progetto pilota Fast Reserve, dedicato alla sperimentazione di un nuovo servizio di regolazione ultrarapida che si sposa ottimamente con le caratteristiche delle batterie, sia singolarmente sia abbinate a impianti di generazione.

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(Unsplash.com/Andreas Gücklhorn)

La corsa del mercato. Prima sorpresa: l’asta ha prodotto un gradito assalto, con offerte complessive pari a sei volte la domanda. Seconda sorpresa, che deriva direttamente dalla prima: i contingenti di capacità previsti dall’asta sono stati assegnati a 17 operatori che hanno messo a disposizione complessivamente 23 unità, a prezzi pari a circa un terzo rispetto alla base d’asta definita da Terna in 80.000 euro/anno a megawatt, valore evidentemente ritenuto congruo rispetto ai fondamentali economici necessari per avviare gli investimenti. Sta di fatto che i contingenti sono stati aggiudicati, con contratti a cinque anni, a un valore medio ponderato di circa 23.500 euro a MW su base annuale al Centro Nord, che si è visto assegnare 118,2 MW, mentre al centro-sud sono stati assegnati 101,7 MW ad un prezzo medio ponderato circa 27.300 euro a MW e la Sardegna ha registrato il picco nel prezzo di aggiudicazione, con circa 30 MW assegnati a un prezzo medio ponderato di circa 61.000 euro a megawattora, comunque sensibilmente inferiore al riferimento tracciato da Terna.

I segnali sono davvero incoraggianti. La disponibilità degli operatori a partecipare alla nuova sfida, con indici di redditività ritenuti convenienti anche a prezzi marcatamente più bassi rispetto alla base d’asta, testimonia l’ormai raggiunta competitività assoluta della tecnologia degli accumuli a batteria non solo nella gestione dell'autoproduzione rinnovabile con piccoli impianti domestici ma anche in quella dei sistemi "utility scale", connessi alle grandi reti pubbliche e orientati alla fornitura di servizi alla rete, come nel caso dell’asta appena conclusa da Terna.

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Lo storage lab di Terna a Codrongianos, in provincia di Sassari (foto Terna)

Vantaggi per tutti. In gioco, vale la pena ricordarlo, c’è ben di più rispetto alla convenienza economica di una soluzione di questo genere. In gioco c’è infatti la stessa sicurezza complessiva del sistema elettrico, messo alle strette dalla progressiva chiusura degli impianti che nei passati decenni hanno contribuito maggiormente all'esercizio in sicurezza del nostro sistema elettrico, anche grazie al fatto che i vecchi impianti più inquinanti in via di dismissione (parliamo innanzitutto delle centrali termoelettriche a carbone), sono contrassegnati da un’inerzia nei loro meccanismi di funzionamento in grado di fronteggiare automaticamente le variazioni anche improvvise di richiesta elettrica del paese.

Un domani, con un valore di inerzia del sistema molto ridotto e con la discontinuità e la scarsa programmabilità della generazione da rinnovabili, un sistema di riserva "ultrarapida" capace di attivarsi entro un secondo, grazie appunto alla rapidità delle batterie, diventa essenziale per la sicurezza del sistema elettrico. Ancora più essenziale se vogliamo davvero accelerare la transizione energetica all’insegna della decarbonizzazione e della sostenibilità ambientale del sistema energetico italiano “nell’ottica - si legge nella nota diffusa da Terna con l’aggiudicazione dell’asta - degli impegni e degli obiettivi del PNIEC (il Piano per l'Energia e il Clima che impegna tutti i paesi europei) che al 2030 prevedono una importante diffusione delle energie rinnovabili non programmabili” insieme a tutti gli elementi che segnano un affascinante scenario con un ancor più parcellizzato e diffuso sistema di scambi elettrici che non coinvolge solo le imprese e i produttori medio-grandi ma persino i piccoli cittadini.

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(Unsplash.com/Etwin Kyo)

Opportunità anche per i “piccoli”. Protagonisti di questa “vera e propria Energy of Things - rimarca Terna in una nota - saranno i dispositivi elettrici domestici o industriali, quali sistemi di climatizzazione per il riscaldamento e il raffrescamento delle abitazioni, impianti fotovoltaici con batterie, ma anche le e-car, connessi e controllati da remoto attraverso una innovativa piattaforma digitale a supporto della rete gestita da Terna e quindi della transizione energetica”.

Questo il senso, lo scopo, la convenienza, dell’operazione su cui è intanto impegnata Terna insieme al crescente stuolo di partner pubblici e privati. Il tutto con un’azione combinata su più fronti. Nella stessa direzione va ad esempio l’iniziativa internazionale sfociata in Equigy, la joint venture costituita da Terna e da altri due gestori di rete europei, il tedesco-olandese TenneT e lo svizzero SwissGrid. Lo scopo: definire standard tecnici e regole comuni per “alleare” e interconnettere i più svariati dispositivi distribuiti nel territorio per fare appunto da “polmone” in maniera ancora più diffusa alla richiesta di energia sulle grandi reti. “A beneficio di flessibilità, sicurezza, sostenibilità ed economicità per il sistema ma anche dei proprietari dei dispositivi in termini di ricavi derivanti dalla fornitura di servizi di rete”. Un affare per tutti, insomma. Anche, perché no, in termini di vantaggi economici diretti per il singolo cittadino consumatore.