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Transizione

Tecnologie dal passato per contrastare il cambiamento climatico

Una tecnica originaria dell'antica Persia e un'altra testata per la prima volta negli anni '60 del Novecento stanno aiutando alcune città spagnole a combattere le conseguenze del riscaldamento globale.

«Vorrei che notaste che non indosso la cravatta», faceva notare Pedro Sánchez durante una conferenza stampa nel luglio del 2022. «Risparmiare energia con un piccolo gesto è qualcosa che possiamo fare tutti quanti [...]. In questo modo, contribuiremo al risparmio energetico così necessario nel nostro Paese», osservava il primo ministro spagnolo. La Spagna in effetti è colpita più di altri dagli effetti del riscaldamento globale, che durante la scorsa estate ha portato ondate di caldo anomalo in numerosi centri urbani. La cosa interessante è che le amministrazioni locali si stanno adoperando per sperimentare l'uso di tecnologie non convenzionali per difendersi dal cambiamento climatico, in aggiunta ai piani e alle politiche più tradizionali e di ampio respiro. Lo si è visto ad esempio a Siviglia e a Gran Canaria, dove tecniche usate in passato sono state riscoperte e attualizzate per contribuire a fare fronte alla crisi climatica in corso.

Le autorità locali di Siviglia, nel sud della Spagna, cercavano da tempo soluzioni per contrastare le conseguenze di un ulteriore aumento delle temperature, dovute per l'appunto al riscaldamento globale. Nella capitale della regione dell'Andalusia in estate si toccano di frequente temperature di 40°C, cosa che rende la città una delle più calde in Europa. Una tecnologia che si è scelto di adottare qui, e che è diffusa anche in altri Paesi caratterizzati da un clima particolarmente secco, deriva direttamente dai cosiddetti "qanat", speciali pozzi sviluppati nell'antica Persia oltre 1.000 anni fa.

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I qanat erano una serie di cunicoli verticali, simili per l'appunto a pozzi, collegati da un canale sotterraneo caratterizzato da una lieve pendenza; il canale partiva da una falda acquifera e permetteva di trasportare l'acqua a grandi distanze, sfruttando la forza di gravità, senza perderne a causa dell'evaporazione. Lo stesso principio è stato ripreso e modernizzato dagli ingegneri che hanno sviluppato il progetto "Cartuja Qanat" per la città di Siviglia: lo scopo in questo caso è trasportare l'acqua per raffreddare in modo naturale un'ampia zona del centro urbano, grazie a un sistema di feritoie verticali che consentono all’aria fresca di arrivare in superficie.

Il progetto del comune di Siviglia, che è stato finanziato per l'80 percento dall'Unione Europea e ha un costo pari a 5 milioni di euro, riprende e migliora un esperimento già testato in città durante l’Expo del 1992. Trent’anni fa l’acqua era pompata e in parte raffreddata usando combustibili fossili, ora invece il processo si affida totalmente a fonti rinnovabili. La parte di Siviglia soggetta a questa nuova sperimentazione tecnologica godrà di una riduzione delle temperature di circa 10° C, e si stima che il processo funzionerà fino al raggiungimento di 41 °C. Se i risultati saranno quelli attesi, l'amministrazione locale ha espresso l’intenzione di estendere in futuro la rete di qanat moderni anche in altre aree del centro urbano, ed è già in programma un test in una delle vie principali della città, Avenida de la Cruz Roja.

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Un'altra tecnologia del passato, ripresa di recente in Spagna per contrastare gli effetti del cambiamento climatico, viene dagli anni Sessanta. Si tratta dei cosiddetti "captanieblas", letteralmente "cattura-nebbia". I captanieblas, anche chiamati atrapanieblas, sono reti di plastica disposte su strutture posizionate su pendii ventosi, e sono in grado di raccogliere l'acqua contenuta nella nebbia, con lo scopo finale di irrigare terreni deforestati. Il vento facilita la condensazione dell'acqua, che viene "trattenuta" dalla rete e poi sgocciola in un contenitore disposto al di sotto della struttura.

Lungo le pendici dei rilievi di Gran Canaria, la terza isola più grande dell’arcipelago delle Canarie, se ne possono vedere diversi: a installarli in Spagna, ma anche in alcune località del Portogallo, è Life Nieblas, uno dei progetti per l'ambiente e l'azione per il clima finanziati dall'Unione Europea che ha avuto inizio nel 2020. L'obiettivo del progetto attivo a Gran Canaria è di raccogliere 215mila litri d’acqua all'anno, al fine di favorire la riforestazione di 35 ettari di terreno danneggiato da incendi.

Il primo modello di captanieblas fu progettato in Cile all'inizio della seconda metà del secolo scorso, per essere usato nel deserto di Atacama, una delle regioni più aride del mondo ma anche molto nebbiosa per via della vicinanza con l'oceano Pacifico; successivamente sono stati testati anche in altri paesi sudamericani. Questo sistema artificiale per raccogliere l’umidità della nebbia non si presta a essere sfruttato al massimo nell'area mediterranea, perché è troppo secca, mentre funziona molto bene nelle aree nebbiose e ventose, come ad esempio quelle affacciate sull'oceano Atlantico. Per questo un metodo simile sarà sperimentato anche in Catalogna, per tentare di accelerare il rimboschimento di una zona che nel 2015 ha subìto un grave incendio.

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