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Transizione

Sulle Alpi ci sono sempre meno giorni di neve

Negli ultimi vent'anni la media del numero di giorni in cui le Alpi sono state innevate è più di un mese inferiore a quella dei precedenti 600 anni. Lo dice un studio condotto a partire dai fusti dei ginepri in alta quota.

Uno studio condotto dall'Università di Padova e dal CNR di Bologna, pubblicato sulla rivista scientifica Nature Climate Change, mostra che negli ultimi vent'anni la media del numero di giorni in cui le Alpi sono state innevate è inferiore di 36 giorni a quella dei precedenti 600 anni. Dal 1.400 all'inizio del Novecento il numero di giorni dell'anno in cui le Alpi sono state coperte di neve è stato più o meno costante, poi nell'ultimo secolo è via via diminuito.

Si tratta del primo studio sul tema che è riuscito a indagare così lontano nel tempo. I dati sulla durata del manto nevoso nelle Alpi coprono infatti al massimo qualche decennio. Per andare più indietro nel tempo, i ricercatori hanno utilizzato gli anelli di accrescimento nei fusti dei ginepri, arbusti comuni ad alta quota, e molto longevi. Finché restano sepolti dalla neve i ginepri non crescono e questo permette di stimare la durata del manto nevoso anno per anno. Il gruppo di ricerca ha analizzato gli anelli di accrescimento di una serie di ginepri vivi e morti della Val Ventina, in provincia di Sondrio. Confrontando le informazioni ottenute con i dati meteorologici disponibili, gli scienziati sono riusciti a stimare i cambiamenti nella durata del manto nevoso dal Quattrocento in avanti.

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L’osservazione degli anelli dei ginepri ha anche confermato che nell'inverno tra il 1916 e il 1917 il manto nevoso si mantenne per il periodo più lungo del Ventesimo secolo. Sono stati 67 i giorni di neve in più rispetto alla media secolare, che è di 251 giorni all’anno. Era in corso la Prima guerra mondiale ed è anche e soprattutto a causa di queste condizioni metereologiche atipiche, che portarono un inverno particolarmente rigido, che migliaia di soldati morirono al fronte tra l'Italia e l'impero austroungarico.

«È ciò che ci ha permesso di comprendere che quello che stiamo vivendo negli ultimi anni è qualcosa che non si era mai presentato in precedenza», ha concluso Marco Carrer dell'Università di Padova, primo autore dello studio. Sebbene il numero di giorni con presenza di neve vari di anno in anno, in linea con le precipitazioni, l'andamento dei valori medi sul lungo periodo mostra una correlazione con l'andamento delle temperature medie. Questo suggerisce che la riduzione dei giorni con la neve sia legata al riscaldamento globale dovuto alle attività umane.

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Un traliccio ricoperto di neve vicino alle Cime di Lavaredo, in Veneto (foto Terna)

Sulle Alpi e sugli Appennini la neve è stata poca a causa di condizioni meteo molto simili a quelle dell’inverno di un anno fa, in cui le temperature furono eccezionalmente miti e le precipitazioni scarse. Come dimostra lo studio dell’Università di Padova e del CNR, la mancanza di neve è più grave e frequente oggi rispetto al passato, e a quote più basse condiziona il turismo invernale, uno dei settori dell’economia più sensibili ai cambiamenti climatici. Nei prossimi decenni, dicono molti studi e modelli climatici, le condizioni peggioreranno: l’aumento delle temperature farà accorciare la stagione sciistica e sposterà più in alto le precipitazioni nevose.

Questa situazione contribuisce a mettere in discussione il futuro dello sci come sport accessibile a un gran numero di persone. Con il riscaldamento globale causato dalle emissioni di gas serra è probabile che le temperature globali, comprese quelle delle montagne europee, continuino ad aumentare, rendendo sempre più difficile e costoso l’innevamento delle piste. Uno degli aspetti spesso sottovalutati dell’innevamento artificiale, infatti, è il consumo di acqua ed energia elettrica. Con un metro cubo di acqua è possibile produrre mediamente 2,5 metri cubi di neve. Per innevare un ettaro di pista – cioè una striscia lunga 1 km e larga 10 metri – con uno strato di fondo alto 30 centimetri servono circa mille metri cubi di acqua, quasi metà dell’acqua contenuta in una piscina olimpionica.