Il pianeta soffre, non c’è più tempo da perdere. Questo non è più un slogan, ma un concreto allarme che nel giro di pochi giorni è stato ribadito con forza sia dalla comunità finanziaria al World Economic Forum di Davos, sia dal mondo imprenditoriale e politico italiano, attraverso il Manifesto di Assisi. Entrambi gli appuntamenti si sono conclusi venerdì 24 gennaio. Un segnale importante, dopo il flop della COP25 di Madrid dello scorso dicembre, quando i governi avevano rifiutato di sottoscrivere impegni precisi nella lotta al cambiamento climatico, e dopo che nel meeting svizzero il presidente americano Donald Trump ha ancora parlato di Greta Thunberg come di una “profeta di sventura”. I Grandi si interrogano sul clima e su come affrontare il tema della sostenibilità, economica ma anche sociale, su scala globale. Un tema non più rinviabile e che riguarda tutti nonostante le defezioni e i distinguo che ancora allineano tra i politici.
Davos. Se l’Europa, con la nuova presidente Ursula von der Leyen vuole giocare un ruolo da leader, c’è da dire che il tema fa ormai breccia nella comunità finanziaria. A metà gennaio il colosso americano BlackRock aveva dichiarato apertamente guerra “alle società che non svolgeranno progressi sufficienti in materia di informativa sulla sostenibilità”, preannunciando “una significativa riallocazione del capitale” nei prossimi anni in una lettera aperta del ceo Larry Fink. Al World Economic Forum di Davos per la prima volta il Global Risks Report, stilato dopo aver interpellato 750 esperti, ha sancito che tutti e cinque i principali rischi di lungo termine, anche a livello economico, sono interamente ricondotti a gravi minacce alla nostra situazione climatica, così come risultano esserlo ben quattro rischi su cinque in termini di gravità dell’impatto.