(Unsplash.com/Manny Becerra)
Transizione

L’estate più calda mai registrata in Europa

Secondo i dati Copernicus le temperature medie nel continente, tra giugno e agosto, sono state più alte di 0.4 °C rispetto al 2018, anno in cui era stato stabilito il precedente record di caldo estivo.

L'estate 2022 è stata in media la più calda mai registrata in Europa, riporta Copernicus, il Programma di Osservazione della Terra dell'Unione Europea che tra le altre cose si occupa di monitoraggio ambientale su scala globale. Secondo i dati pubblicati dal servizio le temperature medie nel continente, tra giugno e agosto, sono state più alte di 0.4 °C rispetto al 2018, anno in cui era stato stabilito il precedente record di caldo estivo.

Sempre in base al resoconto di Copernicus il solo mese di agosto è stato il più caldo e secco mai registrato in Europa (il terzo a livello mondiale), superando il primato del 2018 di 0.8°C. Le temperature rilevate in numerose città europee sono state maggiori della media fin da metà giugno, con picchi che solitamente vengono registrati a luglio inoltrato, quando cioè ci si aspetta le massime del periodo estivo in molte parti del continente.

«Un'intensa serie di ondate di calore in tutta Europa, combinate a condizioni di insolita siccità, hanno portato a un'estate estrema, che ha battuto tutti i record in termini di temperatura, siccità e numero di incendi in molte aree dell'Europa», ha sintetizzato la ricercatrice di Copernicus Freja Vamborg.

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Il caldo estivo in Europa si ricollega alla presenza di un'area di alta pressione che permane più del solito sul continente, formata dall’aria che dal suolo – quando viene scaldata dal Sole – si sposta verso l’alto. È come se si innalzasse un muro di aria calda che ostacola le correnti ventose, riducendo quindi le probabilità che si formino nubi e perturbazioni (eventi che contribuirebbero ad abbassare le temperature).

Anche a causa di questo fenomeno per l’Italia l’estate da poco trascorsa è stata tra le più calde mai registrate nella storia del Paese, con almeno 2°C di scarto rispetto alla media delle temperature estive tra il 1991 e il 2020. L’estate 2022, in termini di temperature-record, è seconda solo a quella memorabile registrata nel 2003, che come quest’anno fu anticipata da una prolungata siccità (considerata forse la peggiore degli ultimi 500 anni). In generale, si stima che nel nostro Paese la temperatura media estiva sia aumentata di circa 3°C dal 1970 a oggi.

Ma oltre ai singoli picchi di caldo estremo «a sorprendere è stata la continuità del caldo anomalo», dice la Società meteorologica italiana (Smi). Le ondate di calore, provocate dall’aumento delle temperature, non sono cresciute solamente per intensità, ma anche per frequenza e durata: le massime nel periodo estivo ormai superano per oltre la metà dei giorni i 34 °C in buona parte dell’Italia, con temporali sempre più estremi alternati a periodi di siccità.

Le varie ondate di calore che si sono susseguite in Italia durante l’estate 2022 hanno causato, nel solo mese di luglio, un eccesso di mortalità pari al 29% tra gli over 65, per un totale di oltre 2mila decessi in almeno 33 città italiane, segnala Altreconomia.

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Anche se è complicato collegare singoli eventi meteorologici alle evoluzioni del clima sul lungo periodo, la maggioranza dei gruppi di ricerca concorda nell’indicare il riscaldamento globale, causato in buona parte dalle attività umane, come il principale responsabile di questi fenomeni. «Non c’è nulla di naturale nella nuova portata di questi disastri», ha detto il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres: «Sono il prezzo della dipendenza dell’umanità dai combustibili fossili».

Le ondate di calore non sono solo un problema per la salute delle persone, ma anche per quella degli ecosistemi, perché tra le altre cose possono causare morie di animali – selvatici e non – e favorire gli incendi boschivi (quando la vegetazione è molto secca il fuoco si propaga più facilmente).

In Europa solo nel 2022 sono bruciati oltre 750mila ettari di boschi – vale a dire più di 7.500 chilometri quadrati (una superficie poco inferiore a quella del Friuli Venezia Giulia). Un dato, questo, il doppio superiore alla media dei terreni bruciati nel continente durante gli ultimi 15 anni.

Una delle conseguenze della crescita degli incendi è l’aumento delle emissioni di gas serra, responsabili dello stesso cambiamento climatico. Secondo Copernicus tra giugno e settembre gli incendi in Europa hanno causato 6,4 milioni di tonnellate di emissioni di anidride carbonica, il livello più alto dal 2007: vale a dire quanto prodotto in un anno nel settore-rifiuti da un Paese come la Germania.

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