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Transizione

Anche gli animali subiranno le conseguenze del cambiamento climatico

Il numero di specie in pericolo per la crisi climatica non ha precedenti nella storia dell’umanità, e questa è decisamente una cattiva notizia.

Il dibattito sulle conseguenze del cambiamento climatico negli animali tocca diversi temi: i commentatori da un lato avanzano serie preoccupazioni per gli ecosistemi e la biodiversità, a causa della scarsa capacità di sopravvivenza degli animali ai sempre più frequenti eventi meteo estremi, associati al cambiamento climatico e quindi correlati alle attività umane. Dall’altro si fanno notare gli ingenti danni che potrebbero subire le economie basate sugli allevamenti intensivi di bestiame. Infine ci si chiede quanto gli esseri umani dovranno intervenire nei processi di adattamento forzato delle altre specie, o se invece favorire del tutto questo passaggio attraverso, ad esempio, modificazioni genetiche.

Il problema delle conseguenze del cambiamento climatico sugli animali è molto più urgente di quanto sembra. Nel 2021 in Canada a causa delle temperature elevate e dei livelli eccessivi di umidità sono morti 650mila animali da bestiame, e sono stati registrati grossi danni alla fauna selvatica. In Kansas, uno dei paesi statunitensi con la maggiore industria di allevamenti, lo scorso giugno sono morti circa duemila bovini per il caldo eccessivo, mentre nel 2015 in India condizioni simili hanno provocato la moria di oltre 17 milioni di polli.

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I dati sulle ondate di calore associate agli effetti sugli animali non sono ancora sufficienti per prevedere, con precisione, quali saranno le effettive conseguenze su larga scala per i mammiferi e non solo. Innanzitutto perché gli attuali eventi estremi presentano temperature comunque superiori a quelle registrate negli ultimi decenni; inoltre, la maggior parte delle informazioni esistenti riguarda solo il settore del bestiame, mentre conosciamo poco le ricadute sulla fauna selvatica.

Sappiamo però che tutti gli animali – compresi gli esseri umani – sono soggetti a limiti biologici di temperatura e umidità, oltre i quali non possono sopravvivere. Le temperature interne massime per molti mammiferi e per gli uccelli, ad esempio, sono rispettivamente 38 e 43°C circa. Questi livelli di temperatura sono il risultato dell’adattamento alle epoche glaciali e interglaciali, e sono pressoché stabili da decine di milioni di anni. Non si tratta quindi di valori che possono subire rapide evoluzioni in funzione di inedite condizioni ambientali.

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Le estinzioni di massa seguite agli stravolgimenti dell’ecosistema terrestre durante la Storia del nostro Pianeta dimostrano che i limiti biologici degli animali sono di fatto «immutabili», dice uno studio in merito. Ma nel giro di 50-100 anni si prevede che raggiungeremo temperature che non si toccavano da almeno 3 milioni di anni: entro appena un secolo c’è quindi il rischio che le temperature e l’umidità esterna aumentino tanto da rompere gli equilibri biologici degli animali, oltre un intervallo potenzialmente critico.

Le ondate di calore sono soltanto uno dei molti problemi causati dal riscaldamento globale, in particolare per la fauna selvatica. Per questa categoria non è evidentemente possibile prevedere sistemi di ventilazione, che permettono invece agli animali da allevamento o da compagnia di sopravvivere ai periodi di temperature record. Al caldo estremo si sommano, in maniera sempre più estesa e consistente, i periodi di siccità e gli incendi: entrambi portano gli animali selvatici ad abbandonare in breve tempo i propri habitat, provocando la frammentazione degli ecosistemi terrestri a cui le singole specie si erano adattate nell’arco di milioni di anni. Di conseguenza si prevede che saranno sempre meno rare le interazioni forzate tra la fauna selvatica e gli esseri umani: «Probabilmente gli animali si prenderanno rischi che di solito non correrebbero per cercare acqua», si legge ad esempio sul National Geographic, in riferimento ai casi sempre più frequenti in cui i centri urbani vengono raggiunti dagli animali selvatici.

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L’estinzione di una specie influenza anche gli altri animali e le piante che condividevano lo stesso ambiente naturale: le conseguenze possono essere molto gravi e imprevedibili, e toccare anche le persone – per esempio con un’eccessiva proliferazione di una specie dannosa per i raccolti. È difficile dire quali animali siano più vulnerabili di altri, perché i fattori in gioco sono moltissimi. In generale si può affermare, in accordo con l’Earth Institute della Columbia University, che gli animali reagiranno al cambiamento climatico in tre modi: spostandosi, adattandosi o estinguendosi.