Dall'avvio del conflitto tra Russia e Ucraina si è molto parlato di un secondo fronte "invisibile", quello della cybersecurity. Ma cosa si intende esattamente per minaccia ibrida? Il concetto di minaccia e più in generale di guerra ("warfare") prende il significato di "ibrida" quando al tradizionale approccio fisico si accompagnano anche attacchi cyber. Ciò non significa che ogni attacco informatico debba essere considerato un atto di guerra, ma certamente quando ci troviamo di fronte a situazioni in cui sono coinvolti attori statuali (i cosiddetti attacchi "state sponsored") tale possibilità diventa concreta. La chiave di lettura è proprio questa: associare gli attacchi cyber a soggetti specifici e alle azioni di tipo fisico (convenzionali) da questi perpetrate. Oggi sappiamo che esistono decine di gruppi riconducibili a governi nazionali (Russia e Ucraina compresi) che effettuano attacchi cyber su indicazione degli stessi.
Cosa ci insegna il caso Ucraina. I recenti attacchi subiti dalle istituzioni governative in Ucraina sono solo gli ultimi in ordine temporale subiti dall’ex stato sovietico: nel 2015 venne presa di mira la rete elettrica ucraina con l’effetto di un prolungato blackout; nel 2017 è toccato anche a banche e aziende dei trasporti. Al netto delle responsabilità politiche (quasi mai rivendicate ufficialmente dall’attaccante), c'è un dato che riporta l’analisi a fattori molto elementari: l'infezione avviene spesso attraverso una normalissima e-mail. La posta elettronica è uno dei vettori principali per effettuare un attacco cyber verso un utente singolo o verso un’organizzazione così come le comuni chiavette USB.