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Insight

Intelligenza del sistema e futuro dell’energia. Parla Francesco Del Pizzo

Lavorare sull’“intelligenza di sistema” significa lavorare sul mercato a 360°: prevedendo le tendenze e studiando le strategie migliori per tutti gli attori in gioco, per guardare avanti insieme.

Si chiama "intelligenza di sistema", e non riguarda solo le tecnologie, il modo di assemblarle e metterle a disposizione degli operatori e degli utenti con le migliori soluzioni. Significa studiare le tendenze, prevenire la loro evoluzione, analizzare il mercato, studiare di conseguenza le strategie aziendali e contribuire al buon funzionamento di tutti i giocatori, a partire dai regolatori. Per trarne profitto tutti insieme. È questa, del resto, la missione di un grande operatore "terzo" della rete. Un mercato difficile quello dell’energia. Ma aperto, mai come ora, a una benefica rivoluzione per accompagnare la transizione ambientale, con tutti i suoi immensi e ineludibili obblighi, senza deprimere né il business né l’offerta ai cittadini. Anzi, creando vantaggi economici per tutti. Francesco Del Pizzo dal giugno scorso è responsabile Strategie di Sviluppo Rete e Dispacciamento di Terna. Mentre la crisi pandemica sta fortunatamente dando qualche segnale di ripiego, disegniamo con lui lo scenario della sfida. Per scrutare avanti.

La crisi pandemica sta dando qualche segnale di ripiego. La richiesta di energia sta lentamente recuperando, le rinnovabili riprendono a crescere, mentre la capacità termoelettrica si contrae ulteriormente e con essa il margine di riserva, con picchi di richiesta che sotto la spinta della climatizzazione si stanno definitivamente spostando verso le stagioni estive. È una rivoluzione. Il sistema elettrico è sotto pressione, più difficile da governare, anche se le tecnologie danno una mano. Come cambia, come si evolve, la strategia di Terna?

«C’è già molto, moltissimo futuro, nel nuovo piano industriale che Terna ha appena diffuso. È centrato sulla strategia per l’efficienza, l’incremento delle rinnovabili e la resilienza del sistema elettrico. Per affrontare al tempo stesso la trasformazione in atto e gli eventi straordinari per garantire l’approvvigionamento di oggi e l’evoluzione che ci attende. Riteniamo in tutto ciò che un operatore di rete debba avere un doppio ruolo: deve sviluppare le infrastrutture ma deve contemporaneamente diventare, appunto, un "regista di sistema", capace di valutare le tendenze, anticiparle, pianificare per tempo gli interventi e la corretta canalizzazione degli investimenti. Serve insomma una visione complessiva, che ci consenta ad esempio di assecondare una corretta distribuzione della produzione elettrica da rinnovabili: dove e come servono, dove possono essere più produttive rispetto alle diverse soluzioni tecnologiche, quanto e come possono correttamente cooperare con la generazione tradizionale in questa fase di transizione verso una maggiore compatibilità ambientale. Diciamolo chiaramente: una vera capacità di sistema oggi ancora non c’è. Esiste fortunatamente uno scenario che si va chiarendo nei suoi contorni, ma gli atti operativi vanno meglio definiti, per focalizzare i punti di riferimento ma anche per assecondare l’aggiornamento e l’evoluzione della regolamentazione di settore.»

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Il responsabile Strategie di Sviluppo Rete e Dispacciamento di Terna Francesco Del Pizzo (foto Terna)

E per focalizzare da dove possiamo e dobbiamo cominciare?

«Da alcune certezze che abbiamo già. Una innanzitutto: sarà evidente una compressione ancora più importante della produzione termoelettrica. E guai a pensare che in conseguenza di ciò serviranno meno risorse. Al contrario, il nuovo scenario determinerà un mix molto differente della produzione elettrica, con un evidente squilibrio del vecchio modello, che occorre affrontare con grande attenzione per la sostenibilità economica delle strategie che metteremo in atto. Un trend già in parte consolidato. Da più di un decennio non si realizzano più impianti termoelettrici tradizionali mentre nascono e si sviluppano le attività al servizio il nuovo scenario. Ad esempio nel capacity market, un settore nuovo, in pieno sviluppo che ha bisogno di trovare formule di investimento a termine per trovare una coerenza di sistema. Altro esempio, collegato al precedente: gli accumuli. Ci avviciniamo al momento in cui diventeranno essenziali per il sistema. Hanno bisogno di investimenti, regole, facilitazioni nei meccanismi di realizzazione e soprattutto in quelli di mercato, con contratti a lungo termine che siano in grado di garantirne la sostenibilità economica e dunque la disponibilità.»

Come sarà il mercato del futuro? Più concentrato o più parcellizzato, più esposto alla concorrenza o inevitabilmente sottoposto a un consolidamento?

«Inutile nasconderselo: la quota contendibile del mercato si ridurrà, con molti impianti con costi variabili a zero e una stabilizzazione della capacità esistente. Un mercato molto diverso rispetto al passato, che vedrà un’accentuazione delle tendenze che lo stanno già trasformando, caratterizzato com’è dal 55/60% di rinnovabili, dal 20% di importazione dall’estero e per la quota restante dalla generazione tradizionale o comunque contenibile.»

Un mercato in definitiva più aperto o più chiuso?

«Per assecondare i benefici dell’evoluzione tecnologica e della corsa alle rinnovabili il mercato dovrà comunque essere più aperto non solo all’interno ma anche al di là dei confini nazionali. Nella consapevolezza che tutte le sfide, anche nel mondo dell’energia, si giocano sempre di più sui mercati internazionali. Se vogliamo assecondare un ruolo europeo dell’Italia dobbiamo dunque conformarci e confrontarci con le regole europee. Solo così i vantaggi saranno per tutti. Perché il mercato del bilanciamento e della riserva, in forte e indiscusso sviluppo, possono essere ben gestiti anche soprattutto sui mercati transfrontalieri, sia per l’energia sia per i servizi connessi. Le trasformazioni riguardano infatti tutti i paesi. Ridefiniscono i confini operativi, quelli del business, quelli della concorrenza. Sconvolgono inevitabilmente gli equilibri. Guardiamo ad esempio la Germania, impegnata in un piano colossale di transizione dal carbone alle rinnovabili. Con sfide, impegni e opportunità che conviene mettere a fattore comune. Ecco perché cerchiamo di dotare l’Italia degli strumenti adatti: il capacity market, innanzitutto, insieme alle regole che ci devono vedere sempre più integrati nei mercati internazionali.»

«Il mercato dovrà comunque essere più aperto non solo all’interno ma anche al di là dei confini nazionali. Nella consapevolezza che tutte le sfide, anche nel mondo dell’energia, si giocano sempre di più sui mercati internazionali

Italia spesso ritardataria e subalterna. Su questo fronte come saremo messi?

«Non male, se sapremo gestire correttamente il trend è che già in atto. Nei saldi finali del mercato energetico italiano saremo importatori netti, ma nei trend della domanda dei flussi di potenza potremmo cogliere non poche occasioni per essere degli esportatori di energia, ad esempio nei momenti di maggiore fabbisogno dei nostri partner internazionali, cogliendo condizioni di mercato a noi favorevoli. Tutto dipende dalla capacità di fare valere i nostri punti di forza. Perché la nostra collocazione geografica ci consente di trasformarci in un hub energetico capace di fare da ponte tra la zona sud dell’Europa e gli altri paesi mediterranei, anche della fascia Nord dell’Africa oltre che dei Balcani. Dobbiamo lavorare in questa direzione.»

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Il Centro nazionale di controllo di Terna, a Roma (foto Terna)

Anche perché si moltiplicano gli incitamenti degli esperti sull’opportunità di incrementare il ricorso al fattore elettrico, nella climatizzazione ma anche nei trasporti. Resistenze? Ostacoli?

«Non ne vedo. O meglio, non vedo resistenze che non siano quelle fisiologiche per ogni grande cambiamento. Il vettore elettrico offre evidentemente concrete opportunità per incrementare l’efficienza del sistema. Ne sono consapevoli gli operatori dell’elettricità, ma anche quelli del gas, e perfino l’industria della mobilità sembra averne preso definitivamente atto. Non vedo grandi problemi nel confronto tra operatori di infrastrutture diverse. Il mercato e la tecnologia stanno guidando sistema ed è bene che sia così. Guardi l’auto elettrica: si sta finalmente sviluppando con una buona velocità e sarà proprio questo settore a offrire gli stimoli forse più premianti per l’evoluzione tecnologica, all’insegna di uno scenario di scambi di produzione che avrà come perno proprio quel sistema di accumuli di cui il paese si dovrà rapidamente dotare. Un sistema complesso e tecnologicamente sofisticato, che si fonderà per il 30% circa sulla ricarica alle colonnine pubbliche mentre il resto avverrà attraverso un sistema parcellizzato improntato in gran parte sui sistemi personali e flessibili, a partire da quelli domestici. Cambierà il gioco tra produttori, certo. Ma cambieranno anche le nostre dotazioni, le nostre abitudini, le attrezzature delle nostre case. In meglio, se sapremo fare bene il nostro mestiere.»