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S come Schwa

Schwa (o scevà) è il nome che indica la lettera ə. Essendo una vocale neutra, schwa è priva di un tratto distintivo nell'articolazione, dunque non determina una distinzione di genere.

Il motivo per cui l'espressione è sempre più utilizzata è che negli ultimi anni si è sentita la necessità di veicolare l'inclusività e la parità di genere anche attraverso il linguaggio, superando un limite espressivo della lingua italiana: l'uso di due generi grammaticali e l'utilizzo del plurale maschile per definire un gruppo misto di persone.

"Schwa" (o scevà) è il nome che indica la lettera ə, una "e" ruotata di 180° che appartiene all'IPA (International Phonetic Alphabet), l'alfabeto usato nella linguistica per descrivere i suoni delle diverse lingue del mondo. Essendo una vocale neutra, schwa è priva di un tratto distintivo nell'articolazione, dunque non determina una distinzione di genere.

Di recente questo simbolo ha iniziato a diffondersi in molti contesti, sia nel web sia nei supporti cartacei, non senza scatenare un dibattito acceso tra chi ne sostiene o meno l'utilizzo, la sua ragion d'essere. Il motivo per cui schwa è sempre più utilizzata è che negli ultimi anni si è sentita la necessità di veicolare l'inclusività e la parità di genere anche attraverso il linguaggio, superando un limite espressivo della lingua italiana: l'uso di due generi grammaticali e l'utilizzo del plurale maschile per definire un gruppo misto di persone.

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Schwa è stata scelta dalla comunità non-binary come simbolo ufficiale per l’inclusività: in quanto sensibile, vicina e rispettosa della comunità non binaria (Pixabay/Pexels.com)

Per ovviare agli ostacoli per rendere più inclusivo l'italiano è stata proposta l’introduzione del genere "neutro", così da evitare la declinazione maschile o femminile, inserendo dei soggetti in una categoria di genere in cui possono non riconoscersi. Tra le varie soluzioni sono emerse prima l’asterisco egualitario (*), poi l'utilizzo di schwa (ǝ) che, utilizzata alla fine delle parole, permetterebbe di includere maschile e femminile senza distinzione sia al singolare sia al plurale cumulativo.

Nel concreto, questa lettera indeterminata viene sostituita al maschile sovraesteso in frasi in cui ci si riferisce a una moltitudine mista, "Buonasera a tuttə". E ancora quando il genere del soggetto che si vuole indicare è sconosciuto, oppure dal momento in cui si fa riferimento a una persona non binaria.

L'utilizzo di schwa è diventato più popolare da un paio di anni ma, in realtà, la sua prima attestazione risale al 2015, quando l'attivista Luca Boschetto nel sito web Italiano inclusivo propose per la prima volta l'uso di questa lettera come terza declinazione italiana. Aggiungendo anche che non si tratta di qualcosa di straordinario, perché questa è da sempre presente in molte lingue, come nell'inglese (la "a" di "about" si pronuncia come scevà) o in alcuni dialetti italiani. L'argomento è rimasto per alcuni anni in un contesto di nicchia fino a che sono nate le prime opinioni contrastanti sul tema grazie alle quali se ne è iniziato a parlare in maniera estesa.

Le posizioni sul tema si sono polarizzate: da una parte si è accolta positivamente considerando che la schwa potrà aiutare a scavalcare alcuni concetti culturali, sociali, politici e ideologici (soprattutto nelle professioni) scaturiti dall'utilizzo del maschile quando, in realtà, il soggetto è misto, sconosciuto o non binario; dall'altra chi ritiene il dibattito superficiale, affermando che qualsiasi cambiamento della lingua sia forzato e impercorribile.

Indubbiamente questo simbolo presenta ancora dei limiti: non è semplice da pronunciare e nelle tastiere di molti dispositivi non è presente. Tuttavia la sua rilevanza è notevole perché si propone di scardinare alcuni pregiudizi culturali che passano attraverso il linguaggio e implicano una percezione della realtà: ad esempio reiterare al maschile il nome di certe professioni andrebbe a plasmare le aspettative sul genere di chi le esercita.