4390
In prima linea

L’energia che arriva dal mare

Entro il 2050 almeno il 10% dell’elettricità utile all’Europa potrebbe derivare dalle onde del mare e dalle maree. Cos’è il moto ondoso e cosa dice l’accordo firmato da Terna, Eni, CDP e Fincantieri.

Gli esperti del nostro futuro energetico tracciano un obiettivo ambizioso e affascinante: dal mare, o meglio dalle sue onde e maree, potrebbe venire già entro il 2050 almeno il 10% dell'elettricità che serve all'Europa. E in giro per il mondo potrebbe andare anche meglio, se consideriamo le potenzialità teoriche. Un contributo decisivo alla sfida della transizione energetica, al riscatto del nostro futuro da un destino altrimenti segnato dall'effetto clima. È un settore innovativo che attira gli investimenti dei grandi gruppi a livello internazionale. In Europa, il Regno Unito sembrava voler fare da capofila. Sul suo cammino, però, l’Uk ha trovato gli italiani che stanno recuperando terreno e promettono di farlo velocemente. È questo il senso dell’accordo 100% Made in Italy celebrato il 28 ottobre a Ravenna, in presenza del premier Giuseppe Conte. Protagonisti i vertici di Cassa Depositi e Prestiti, Eni, Fincantieri e Terna. I quattro gruppi danno così seguito alla prima intesa di massima firmata il 19 aprile scorso ponendo le premesse per la creazione di una joint venture che potrebbe allargarsi anche ad altri settori di intervento.

Energia dal mare: il progetto pilota. L'Iswec (che sta per Inertial Sea Wave Energy Converter) è nato circa tre anni fa da una collaborazione tra Eni e Politecnico di Torino, tramite il suo spin off Wave For Energy (W4E), supportata anche da Enea e Cnr. Si è trattato del primo impianto sperimentale al mondo di generazione elettrica integrata da moto ondoso e fotovoltaico, già in funzione da marzo 2019 nell’offshore di Ravenna. Il risultato è, oggi, il prototipo arrivato alla fase di maturazione industriale con il quale si conta di produrre energia dal moto ondoso, una delle tecnologie disponibili per produrre energia pulita e rinnovabile, integrandola con le reti intelligenti per il governo dell'energia del nostro futuro.

4375
(Pexels.com/Kaique Rocha)

Wave power: come funziona. La macchina Iswec somiglia a una grande boa galleggiante di colore giallo e funziona grazie a un sistema inerziale che sfrutta il moto ondoso: le onde, anche piccole, provocano un movimento dello scafo che si trasmette a un volano che, a sua volta, produce un moto utilizzabile per generare energia elettrica. La vera innovazione è nella possibilità di sintonizzare la macchina in funzione delle variazioni dello stato del mare e non avere alcun componente meccanico mobile immerso nell’acqua, mantenendosi così al riparo da corrosioni e deterioramenti. Poca manutenzione ed elevata efficienza energetica, ecco in sintesi i vantaggi del prototipo che ora i quattro partner contano di avviare alla fase di produzione industriale. Le prime a beneficiarne dovrebbero essere proprio le isole minori siciliane non collegate alla rete nazionale e che pagano maggiori costi generando più inquinamento.

Con la firma di Ravenna si passa ora alla messa a punto del modello di business e alla successiva implementazione operativa. Nel frattempo si procederà alla prima istallazione industriale del sistema Iswec nella piattaforma off shore Eni Prezioso piazzata nel Canale di Sicilia al largo di Gela, con l'intenzione di partire con la produzione elettrica già nella seconda metà del 2021. Sarà il test di un progetto ben più ambizioso, con l'intenzione di replicare e ampliare le installazioni non solo in Italia ma anche all'estero.

4376
L'Inertial Sea Wave Energy Converter (ISWEC) per la produzione di energia dal moto ondoso (foto Eni)

I partner. L’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, insiste sulla nuova missione aziendale per la decarbonizzazione, anche grazie alle importanti evoluzioni nel rendere sempre più rispettosa dell'ambiente le attività offshore e i progetti petroliferi complessi. L’interesse di Eni è anche di riconvertire le piattaforme off shore che possono diventare basi preziose per le rinnovabili, anche eoliche perché no.

Cassa Depositi e Prestiti - secondo i programmi dell’AD Fabrizio Palermo - può supportare con la sua competenza finanziaria la creazione di valore non solo per le aziende partner ma anche, e forse soprattutto, per la collettività e gli enti locali del territorio. Fincantieri, dal canto suo, può vantare una competenza di ingegneria navale tra le migliori al mondo e quindi, nei piani dell’AD Giuseppe Bono, mettere a fattore comune i primati ottenuti nelle applicazioni marittime e navali che saranno il fulcro del progetto.

Il ruolo di Terna è altrettanto fondamentale poiché, come ha spiegato l’amministratore delegato e direttore generale Luigi Ferraris, Iswec “è in miniatura quel che si realizzerà in prospettiva futura con la necessità di integrare la sempre più massiccia presenza delle fonti rinnovabili con la rete elettrica nazionale”. “Il nuovo modello di integrazione intelligente può accelerare l'operatività del progetto sui fronti dell’innovazione tecnologica e dei sistemi complessi di gestione”, ha sottolineato. Le potenzialità del nostro paese ci sono tutte: per le caratteristiche dello sviluppo costiero, per le caratteristiche “energetiche” del nostro moto ondoso da trasformare in energia davvero verde e, appunto, per le nostre prerogative tecnologiche e industriali.

4387
Gli AD Fabrizio Palermo (CDP), Claudio Descalzi (Eni), Luigi Ferraris (Terna) e Giuseppe Bono (Fincantieri) alla firma dell'intesa sul moto ondoso (foto Eni)

Cosa succede nel mondo. Le turbine già piazzate cinque anni fa nei mari di Inghilterra e Scozia, le ambizioni della Francia che sull'onda di ingenti investimenti pubblici vuole guadagnare la supremazia moltiplicando le installazioni avviate già nel 2012 con le maxi-turbine marine posate sui fondali al largo delle coste settentrionali della Bretagna dinanzi alla cittadina di Paimpol. Ma ci stanno provando davvero tutti, anche gli americani naturalmente che già sei anni fa hanno allestito un mega accordo pubblico privato che coinvolge addirittura la Us Navy e il colosso aeronautico Lockheed Martin per la prima centrale pilota alle isole Hawaii.

Nel frattempo gli scienziati fanno i conti sulle potenzialità di queste soluzioni. Ci ricordano che la superficie del pianeta e occupata per il 70% proprio dalle acque marine, fonti di quantità praticamente sconfinate di energia, grazie lo sfruttamento delle onde, delle correnti, delle maree, ma anche del gradiente di temperatura (la differenza di temperatura tra le superfici e le profondità che può essere usata con un principio simile a quello delle pompe di calore). Solo dalle onde – azzarda qualche scienziato – si potrebbe ricavare, un giorno, addirittura tutta l’elettricità che serve al pianeta. Ma se si riuscisse davvero a sostituire con l’energia del mare, entro la metà del secolo, il 10% delle fonti fossili sarebbe già comunque un notevole risultato.