Indagine Archeologica per opere rete
In prima linea

Archeologia preventiva, la chiave per una progettazione sostenibile delle infrastrutture elettriche

Coniugare la tutela del patrimonio storico e culturale del nostro Paese con le esigenze di crescita e sviluppo equivale, per Terna, ad armonizzare l’esigenza di salvaguardia delle immense ricchezze dei nostri territori con quelle di progetto.

In Italia ovunque scavi trovi reperti che riportano alla luce secoli e secoli di storia. Un Paese dalle infinite stratificazioni, costellato da migliaia di siti archeologici, la maggior parte dei quali ancora del tutto sconosciuti. E se c'è qualcosa di cui gli italiani oggi possono vantarsi, è sicuramente il patrimonio culturale che hanno avuto la fortuna di ereditare dal passato. Un patrimonio di inestimabile valore costituito da numerosi siti Unesco (58) e oltre 2000 siti archeologici noti, la cui tutela rientra anche tra i principi fondamentali della Costituzione Italiana.

Resti di strade romane, edifici residenziali e/o produttivi, antichi sistemi idraulici, necropoli con ricchi corredi ceramici e metallici, tombe monumentali e tanto altro ancora, è quanto è stato rinvenuto in occasione di lavori di scavo finalizzati alla realizzazione di opere pubbliche, anche di Terna, che hanno arricchito le nostre conoscenze storiche e che attraverso progetti di valorizzazione condivisi con le competenti Soprintendenze contribuiranno a favorire l’offerta culturale e turistica dei territori in cui sono avvenute.

Indagini archeologiche
<p>Esempio di indagini archeologiche preventive per la realizzazione di una stazione elettrica: scavo di un insediamento pluristratificato (foto Terna)</p>

Come conciliare, però, l’esigenza di proteggere e conservare un patrimonio tanto diffuso con l’altrettanto importante esigenza di sviluppo e ammodernamento infrastrutturale del Paese? La risposta sta nella cosiddetta "archeologia preventiva" ovvero nella valutazione del rischio archeologico dei progetti per evitare il fermo cantiere e diminuire il rischio di costruzione degli stessi, garantendo contestualmente la tutela del patrimonio archeologico nazionale. Per ottenere questo risultato, è fondamentale una forte sinergia fra tutte le parti coinvolte: committenti, soprintendenze e professionisti incaricati (come gli archeologi).

Terna, il gestore della rete elettrica nazionale e regista e abilitatore della transizione ecologica, ha il compito di mantenere elevati standard di qualità del servizio di trasmissione dell’energia elettrica e al contempo quello di contribuire a traghettare il Paese verso un nuovo modello di sviluppo decarbonizzato, basato sulle fonti rinnovabili e rispettoso dell’ambiente e del vasto patrimonio culturale, storico e archeologico. In questo scenario l'azienda ha creato un'Unità Archeologia, composta da vari archeologi in grado di seguire direttamente tutte le fasi previste dalla verifica preventiva dell'interesse archeologico nell’ambito del processo di progettazione di un’opera, con un duplice obiettivo: evitare il conseguente allungamento dei tempi e quindi dei costi di realizzazione a seguito del rinvenimento di un elemento archeologico in corso d'opera, e tutelare i reperti fino alla successiva fase di valorizzazione e restituzione ai territori. Un lavoro per nulla semplice e ad alta professionalità: Terna è stata una delle prime aziende in Italia, ed è ancora una delle poche, a strutturare un team dedicato all'archeologia preventiva.

Terna è stata una delle prime aziende in Italia, ed è ancora una delle poche, a strutturare un team dedicato all’archeologia preventiva: l’azienda ha creato un'Unità Archeologia, composta da vari archeologi in grado di seguire direttamente tutte le fasi previste dalla verifica preventiva dell'interesse archeologico nell’ambito del processo di progettazione di un’opera.

L'archeologia diviene così strumento attivo della progettazione dell'opera nel territorio, un aiuto per guidare la progettazione e un’opportunità condivisa per Terna e per il territorio di valorizzare i ritrovamenti. C'è tutto un insieme di leggi e di norme che disciplinano questo settore. La cultura e i suoi beni, tra cui quelli archeologici, hanno come fondamento normativo l'art. 9 della Costituzione Italiana: «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione».

A partire da questa, la tutela del patrimonio storico ed artistico è stata declinata attraverso una serie di norme più specifiche, tra le quali in primis il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (D. Lgs. 42/2004), che norma la tutela dei Beni Culturali e del Paesaggio fino ad arrivare al Nuovo Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 36/2023), che invece ne norma l’applicazione nell’ambito degli interventi pubblici e di pubblica utilità. Il tema, dunque, è presente sia nella normativa preposta alla tutela dei beni culturali sia in quella che garantisce il corretto utilizzo dei fondi pubblici.

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<p>Attività di scavo di una necropoli nel corso delle indagini archeologiche preventive per la realizzazione di un elettrodotto aereo (foto Terna)</p>

Ma come funziona l'archeologia preventiva? La procedura per la verifica dell’interesse archeologico si articola in diverse fasi, i cui esiti integrano la progettazione di fattibilità dell’opera. Tutto inizia con l’analisi preliminare, in cui la stazione appaltante informa la Soprintendenza archeologica territorialmente competente sull’intenzione di realizzare l’opera in una determinata area. Segue poi la valutazione di assoggettabilità alla verifica preventiva volta alla valutazione del rischio archeologico di un determinato progetto, per capire se sussista un effettivo interesse archeologico delle aree individuate per la localizzazione dell’intervento e se quindi sia necessario proseguire con l’approfondimento.

Fondamentale in queste fasi preliminari è la raccolta di tutte le informazioni storiche e archeologiche ricavabili tramite lo studio dei dati presenti in archivio e in bibliografia, dall’analisi cartografica, della toponomastica e da fotointerpretazioni (l’analisi dell’area tramite lo studio di foto aeree anche storiche) e dalle ricognizioni sul terreno. Ma non solo, informazioni preziose possono venire anche dal confronto con i funzionari territorialmente competenti della Soprintendenze, che più di tutti conoscono il territorio di interesse. Tutto ciò permetterà all’archeologo di avere dati fondamentali per valutare la possibilità di intercettare stratificazioni archeologiche e quindi di stabilire il rischio archeologico dell’opera ed incidere anche sulla progettazione della stessa, riducendo tale rischio.

In base alla strategicità dell’opera o del contesto territoriale ed archeologico in cui essa insiste, Terna, in accordo alle diverse strutture coinvolte compresa l’unità di archeologia, spesso sceglie autonomamente di anticipare quegli approfondimenti sito specifici che da norma sarebbero previsti a valle di questo primo momento, in particolare per quelle tipologie di opere che rappresentano "nodi nevralgici" del futuro sistema elettrico nazionale (es. le stazioni elettriche). Il processo si avvia con la redazione del Documento ai fini della Valutazione del Rischio Archeologico (la ex relazione archeologica preliminare) che viene trasmessa alla Soprintendenza che esprimerà il suo parere ai fini dell’autorizzazione dell’opera in sede di Conferenza dei Servizi e valuterà la necessità o meno di eseguire successive ulteriori indagini archeologiche.

Nel caso in cui dalle valutazioni riportate nel documento l’interesse archeologico delle aree interessate dall’opera non sia così evidente e il rischio archeologico del progetto sia sostanzialmente "basso", la procedura di verifica non viene avviata e il soprintendente può comunque richiedere «l’assistenza archeologica in corso d’opera», durante la quale l’archeologo sorveglia i lavori di scavo previsti dal progetto ed è pronto a intervenire in caso di rinvenimenti archeologici. Diversamente, nel caso in cui le valutazioni effettuate nell'ambito del documento di valutazione indichino un interesse archeologico delle aree con un rischio archeologico "medio o alto", la Soprintendenza potrà richiedere di verificare tale interesse attraverso l’avvio della procedura di verifica dell’interesse archeologico, prescrivendo l’effettuazione di indagini non invasive/indirette (prospezioni geofisiche che non prevedono "scavi") e/o indagini invasive/dirette (come carotaggi e saggi preventivi e scavi in estensione). Lo scopo di tali indagini è quello di accertare la presenza o meno di un deposito archeologico, nell’ottica di valutarne la compatibilità o meno con le opere in progetto.

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<p>Contenitore ceramico, elemento di corredo di una sepoltura di età preromana, rinvenuto durante le attività di realizzazione di una infrastruttura elettrica (foto Terna)</p>

Le metodologie non invasive (magnetometria, georadar, resistività o geoelettrica) condotte attraverso particolari strumentazioni sono relativamente rapide e restituiscono una sorta di "radiografia" del terreno interessato con il relativo "quadro clinico" riferito alla possibilità o meno che nel terreno siano conservati elementi o strutture antiche. Le indagini dirette come saggi e scavi in estensione, anche se più lunghe e complesse, sono le uniche che chiariscono definitivamente il contesto oggetto di studio.

Tale procedura si può concludere in 3 modi diversi a seconda dell’esito degli scavi:

  • Esito negativo. Progetto compatibile. Lo scavo non ha rilevato elementi archeologici o lo scavo stesso ha esaurito l’esigenza di tutela
  • Esito positivo condizionato. Progetto compatibile con prescrizioni. Gli elementi archeologici emersi non sono tali da precludere la fattibilità del progetto, possono essere rinterrati, rimossi ed eventualmente delocalizzati
  • Esito positivo. Progetto non compatibile. Il contesto archeologico è tale che determina la necessità di variante progettuale perché la sua tutela può essere garantita solo con mantenimento integrale in sito.

Tradotto, i contesti archeologici individuati dovranno essere scavati e documentati, per verificarne estensione, tipologia e cronologia, in modo da poter essere eventualmente rimossi o delocalizzati (sempre se possibile) per garantire la loro tutela altrove e confermare la compatibilità con le opere da realizzare. Solo in caso di totale incompatibilità tra ritrovamenti e opere in progetto sarà necessario modificare il progetto iniziale così da portarne a termine la realizzazione e allo stesso tempo proteggere il patrimonio archeologico rinvenuto.

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<p>Rinvenimento di una sepoltura di età del Bronzo antico-medio iniziale (foto Terna)</p>

Vale la pena ricordare l’importanza e la delicatezza che riveste la fase di scavo, in quanto lo scavo è per definizione "non ripetibile" ed è quindi un metodo di indagine distruttivo, per questo deve essere condotto con estrema attenzione e accuratezza, nei tempi congrui, secondo le indicazioni impartite dalla Soprintendenza. La tutela, nei casi di positività degli scavi, non si esaurisce con il ritrovamento del bene. Prevede anche la catalogazione, la conservazione dell’oggetto archeologico con il restauro, e lo studio del sito individuato nel suo complesso anche ai fini della sua valorizzazione e fruizione attraverso l’esposizione di mostre, pubblicazioni, progetti divulgativi e l’allestimento di musei di altissimo valore per la storia e la rivalutazione di quel territorio.

Sebbene la percezione sia quella che tali procedure rallentino e ostacolino lo sviluppo infrastrutturale dell’Italia, il loro vero obiettivo è proprio l’esatto contrario: garantire la modernizzazione riducendo il rischio archeologico dei progetti e rendendola compatibile con la tutela patrimonio, dell’identità e dell’eredità storica del Paese, investendo in particolare sulla loro valorizzazione. Consapevole dei rischi (rallentamenti o blocchi dei cantieri in corso d’opera con inevitabili aggravi di costi e tempi per la realizzazione dei progetti), Terna ha scelto di dotarsi di uno staff a tempo pieno, creando un’unità dedicata il cui compito è quello di mediare tra le esigenze progettuali da realizzare e quelle delle Soprintendenze ma soprattutto di anticipare quanto più possibile le considerazioni sugli aspetti di rischio archeologico in modo da “indirizzare” i nuovi progetti poiché, prima di tutto, prevedere ed anticipare l’incontro con un bene è il modo migliore per prendersene cura. E se è vero che la storia è scritta nella pietra, è altrettanto vero che solo chi quella storia già la conosce saprà interpretarla e gestirla al meglio.