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Sfide

Perché le lauree STEM sono così importanti

La transizione energetica richiede un numero crescente di professionisti con solide competenze tecnico-scientifiche, ibride e focalizzate anche su ambiti legati alla digitalizzazione. Tuttavia, la carenza di personale specializzato è evidente e il divario di genere continua a rappresentare una sfida complessa da superare.

Moltissime aziende italiane attive in settori ad alto contenuto tecnologico e scientifico stanno affrontando difficoltà nel reperire professionisti con le competenze necessarie. Il fenomeno è particolarmente evidente nel campo dell'ingegneria, dove la domanda di figure specializzate supera di gran lunga l'offerta disponibile sul mercato del lavoro. Un aspetto che è stato affrontato in un recente report di Confindustria. Tale carenza risulta ancora più marcata nel caso degli ingegneri elettrici, il cui ruolo è sempre più centrale nei processi di transizione energetica. Il problema è legato al numero insufficiente di studenti e studentesse che scelgono questa specializzazione.

Secondo un rapporto del Centro Studi della Fondazione Consiglio Nazionale Ingegneri, nel 2023 i laureati magistrali in ingegneria elettrica sono stati poco più di 520, vale a dire circa il 2% del totale degli studenti che concludono uno dei diversi percorsi di ingegneria presenti in Italia. Un dato che, oltre a rimanere invariato rispetto al 2022, risulta in calo rispetto al 2018, quando i laureati erano circa 60 in più. Le imprese, invece, necessiterebbero di un numero di studenti pronti a entrare in questo ambito almeno cinque volte superiore.

Le esigenze di efficientamento energetico sono ormai imprescindibili e la formazione degli ingegneri elettrici garantisce le competenze più adatte per la gestione del processo di transizione energetica e il sempre maggiore efficientamento. Il disallineamento tra domanda e offerta di queste professionalità non solo rallenta lo sviluppo di settori strategici per il Paese – come quello dell’energia –, ma rischia anche di compromettere a livello nazionale il successo della transizione ecologica e digitale.

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Anche sul fronte delle immatricolazioni ai corsi di laurea in ingegneria elettrica i dati confermano una tendenza preoccupante: da diversi anni il numero di nuovi iscritti per ateneo si mantiene stabile, ma su livelli molto bassi – mediamente tra i 30 e i 40 studenti all’anno. Il tasso di successo degli studenti di ingegneria elettrica resta comunque elevato, con oltre l'80% dei laureandi che porta a termine il percorso magistrale – un risultato superiore alla media nazionale delle lauree in ingegneria. In questo scenario, percorsi formativi come quelli promossi da Terna sono particolarmente preziosi per lo sviluppo di nuove competenze in campo tecnico-scientifico, con un focus specifico sull’ingegneria elettrica.

Negli ultimi anni la società ha investito in programmi accademici avanzati, tra cui master di specializzazione rivolti a giovani laureati, con l’obiettivo di colmare il gap tra formazione universitaria e competenze richieste dalle imprese. I percorsi offerti da Terna non si limitano all’ingegneria elettrica in senso stretto, ma abbracciano anche settori strategici come l’informatica, la cybersecurity e l’ingegneria ambientale, tra le altre cose. Si tratta di ambiti sempre più centrali nella transizione energetica e nella gestione delle infrastrutture intelligenti, e Terna forma i rispettivi professionisti tramite percorsi multidisciplinari progettati in collaborazione con le università. Tali iniziative non solo contribuiscono a rafforzare il tessuto professionale del Paese, ma possono anche rappresentare una leva efficace per attrarre una maggiore partecipazione femminile nei settori cosiddetti STEM – ossia quelli scientifici, tecnologici, ingegneristici e matematici.

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All’interno delle discipline tecnico-scientifiche, infatti, e tanto più nell’ingegneria, è ancora presente un netto squilibrio di genere: nel caso dei corsi di ingegneria elettrica, le donne rappresentano solo il 20% circa degli iscritti. Secondo l’INPS, in Italia la quota di lavoratrici che operano nel settore energetico sono appena il 23%, mentre rappresentano la stragrande maggioranza in ambiti come l’assistenza all’infanzia o l’insegnamento nella scuola primaria, tra gli altri. Tuttavia, come mostra il report L'universo femminile nell'ingegneria italiana, della Fondazione Consiglio Nazionale degli Ingegneri, la presenza femminile nei settori dell’ingegneria in Italia è in lieve crescita. Nel 2025 le donne rappresentano il 17,4% degli iscritti all’albo degli ingegneri: una quota ancora bassa, ma che è quasi raddoppiata rispetto a quella registrata nel 2007. Inoltre, quasi il 60% delle donne ingegnere ha meno di 45 anni, segno che la loro presenza nel settore è in crescita, soprattutto tra le generazioni più giovani.

Il basso numero di donne impiegate nelle professioni STEM – e in particolare nei settori come l’ingegneria elettrica – non dipende solo dalle preferenze individuali. Le scelte formative e professionali sono infatti fortemente influenzate da fattori culturali e sociali che, fin dalle prime fasi del percorso educativo, orientano in modo diverso le scelte. Questi stessi parametri contribuiscono a tenere le donne lontane dalle lauree tecnico-scientifiche, nonostante offrano – statisticamente – migliori prospettive di carriera e retribuzione, anche in virtù della forte domanda da parte del mercato del lavoro.

Come evidenziato da diverse analisi, le studentesse tendono a optare maggiormente per percorsi umanistici o inerenti alle scienze sociali anche perché, in modo più o meno esplicito, percepiscono le carriere STEM come ambienti ancora fortemente maschili. Questa percezione contribuisce a perpetuare il divario di genere, alimentando lo squilibrio presente nel settore. Diversi studi mostrano come tali stereotipi culturali influenzino non solo i meccanismi di selezione nel mondo del lavoro – con una maggiore propensione ad assumere uomini per ruoli tecnici –, ma anche la percezione che le stesse donne hanno delle proprie possibilità. In molti casi, infatti, le studentesse tendono a interiorizzare la convinzione errata secondo cui non possono competere con i colleghi maschi in ambiti scientifici, finendo indirettamente per autoescludersi da percorsi che, al contrario, potrebbero rappresentare importanti leve di emancipazione economica e professionale.

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