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Insight

Il presidente dell’ENEA: Federico Testa

Le opportunità offerte dalle nuove tecnologie, per la gestione e il controllo delle reti, possono portare più sicurezza e stabilità al sistema: ne abbiamo parlato con Federico Testa.

La catastrofe climatica è sotto gli occhi di tutti. Anche l’Italia paga il suo tributo. Come si colloca Federico Testa, professore di economia e presidente dell’ENEA, il nucleo pubblico della nostra ricerca energetica, rispetto ai catastrofisti che prosperano e a chi ancora oggi nega le responsabilità dell’uomo?

"È evidente che qualcosa sta cambiando e che dobbiamo agire. Lo studio dell’ENEA, molto citato in queste ultime settimane, dice che da qui al 2100 il mare intorno a noi crescerà di oltre un metro, che diventeranno due metri e mezzo nei casi di bassa pressione con maltempo e vento dal largo. Con tutte le conseguenze che ne deriveranno. Tant’è che siamo già stati contattati tra gli altri da Assoporti per capire come si dovrà gestire la logistica portuale quando le banchine andranno sott’acqua. È la realtà, ma non credo che serva iscriversi al club dei catastrofisti, rischiando una reazione assolutamente controproducente: visto che non c’è niente da fare è inutile che facciamo qualcosa. Molte cose si possono e si devono fare. Dobbiamo agire di conseguenza”.

Rispetto alle politiche che si stanno mettendo in atto ritiene che si possa fare qualche cosa di diverso o di più, tenendo conto dei vincoli che il nostro paese ha in termini di bilancio pubblico e di risorse disponibili? E c’è magari il modo di creare un circuito virtuoso per trasformare la sfida, almeno in parte, in occasione di sviluppo e di business?

"Gli intenti di questo governo sono assolutamente condivisibili. Le occasioni di creare sviluppo e innovazione sono evidenti come dimostra la filiera industriale creata dalle politiche di incentivazione all’efficienza energetica, che rimane il principale asse strategico da perseguire. Ma è chiaro che tutto ciò va rapportato alle risorse disponibili, ed ecco perché il tema non deve essere tanto quello della quantità di risorse a disposizione in assoluto ma piuttosto di come indirizzare le risorse sulle priorità, sulle cose più urgenti da fare".

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Il presidente dell'ENEA Federico Testa (foto di Imagoeconomica/Paola Onofri)

L’ultimo bonus dedicato a chi ripristina le facciate dei palazzi, ad esempio?

"Negli ultimi anni abbiamo cercato di correlare gli ecobonus e gli interventi per l’efficienza energetica ai vantaggi reali per la collettività, anche resistendo alle pressioni delle lobby. È accaduto quando, ad esempio, abbiamo ridotto gli incentivi per le tende da sole e alzato quelli dei cosiddetti “cappotti” per l’isolamento termico degli edifici, che nel rapporto tra costi e benefici consentono un risultato ben più rilevante".

Operazione non facile in un paese che di errori ne ha fatti tanti. Pensiamo ai mega incentivi poco ponderati sui pannelli solari, con grande attenzione alle quantità e poco alla qualità degli interventi.

"Proprio così. Tant’è che sono venuti a investire nel nostro paese tutti i fondi speculativi perché sulle rinnovabili abbiamo garantito l’incentivi più alti al mondo. È vero che dovevamo recuperare terreno, ma se avessimo modulato meglio gli incentivi avremmo potuto beneficiare dell’effetto esperienza accumulata nel tempo. Se li avessimo spalmati, ad esempio, non su cinque anni ma su dieci ora avremmo un parco di generazione più aggiornato e performante. Non dobbiamo fare gli stessi errori".

Dove, ad esempio?

"Nelle infrastrutture di ricarica per la mobilità elettrica. Perché il modello un po’ superficiale che si sta affermando è quello di installare una colonnina di ricarica ogni 100 metri, con i sindaci che ne fanno un vanto. Una scelta che implica massicci investimenti sulle reti di distribuzione. Investimenti che, come è giusto, pesano sulle bollette delle famiglie e delle imprese, che in Italia sono già le più alte d’Europa, con una componente di prezzo relativa all’energia che vale appena il 36% del totale di quello che pagano i consumatori".

E la grande suggestione delle auto elettriche che sono parte diretta di un grande sistema parcellizzato di equilibrio del sistema durante la ricarica alle colonnine, specie quelle di casa?

"Uno scenario che nel futuro non è affatto da escludere, ma che va sviluppato con gradualità e attenzione, proprio per i motivi che ho appena sottolineato".

Rallentare sulle infrastrutture di ricarica?

"Niente affatto. Al contrario. Esiste un altro modello, magari complementare: utilizzare la rete di distributori di carburante esistenti, che ha bisogno di essere riqualificata. Perché non fare il pieno di elettricità anche, o forse soprattutto, nelle vecchie stazioni di servizio convertite o integrate con le infrastrutture di ricarica? Ad esempio con batterie stazionarie da 30 megawatt alimentate in media tensione da installare negli spazi delle vecchie stazioni di servizio, che fanno loro da infrastruttura di equilibrio della produzione e di consumo di energia nella zona, con l’ulteriore vantaggio di abbreviare il tempo di ricarica dei mezzi elettrici grazie alla grande potenza disponibile. Il tutto in una logica complementare con quelle delle colonnine, che possono avere dei vantaggi ad esempio nei parcheggi dei dipendenti di un’impresa, dove le auto restano ferme per un arco di tempo prevedibile, ma molto meno lungo le strade".

Sta di fatto che la corsa al vettore elettrico, che trova sostegni davvero diffusi, merita forse il rischio di qualche errore di manovra. O no?

"Attenzione alla corsa veloce improvvisata al tutto elettrico. Ha un senso se generiamo davvero tutta l’elettricità con le rinnovabili. Stando comunque ben attenti, anche qui, all’impatto sulle reti di distribuzione elettrica. Oggi le case hanno nella maggioranza dei casi una fornitura da 3 kilowatt, che fanno mediamente 9 kW per pianerottolo. Se riconverti tutto all’elettricità, riscaldamenti compresi, la potenza necessaria aumenterebbe di quattro volte: 40 kW a pianerottolo. Un incremento significativo, che comporterebbe la necessità di sostituire tutti i cablaggi elettrici interni ed esterni al condominio. Un’operazione che in prospettiva va fatta, ma con gradualità e tecnologie sufficientemente mature. Le reti hanno bisogno di crescere, modernizzarsi, svilupparsi, accrescere la loro sicurezza, senza dover sopportare stress affrettati. Senza contare la necessità di remunerare gli investimenti di chi nel frattempo ci ha portato il gas in tutte le case, che nel caso di una rapida dismissione andrebbero comunque remunerati sempre attraverso le bollette".

"Si tratta di sviluppare e implementare le più recenti tecnologie intelligenti per la gestione e il controllo avanzato delle reti definendo protocolli e metodologie integrate tra i paesi, con una serie di vantaggi sulla stabilità e sulla sicurezza del sistema, partendo dalle reti in altissima tensione, passando per quelle in media tensione fino ad arrivare agli utenti finali".

A proposito di reti e di sicurezza, l’ENEA coordina il progetto INTERPLAN per creare un sistema integrato europeo di reti energetiche all’insegna della sicurezza dell’efficienza. A che punto siamo?

"Il progetto è stato avviato nel novembre 2017 con circa 3 milioni di euro di finanziamento, può contare sulla collaborazione dei principali centri di ricerca europei con il contributo di rilievo dell’industria e dei gestori di rete, che dovranno garantire il più rapido trasferimento operativo di risultati. Si tratta di sviluppare e implementare le più recenti tecnologie intelligenti per la gestione e il controllo avanzato delle reti definendo protocolli e metodologie integrate tra i paesi, con una serie di vantaggi sulla stabilità e sulla sicurezza del sistema, partendo dalle reti in altissima tensione, passando per quelle in media tensione fino ad arrivare agli utenti finali. Inoltre, nel contesto del progetto delle reti energetiche europee integrate, ENEA è impegnata nella costruzione e sperimentazione, nel suo centro di ricerca della Casaccia, di un impianto dimostrativo per la trasmissione ad alta tensione in corrente continua con dispositivi e sistemi di conversione innovativi, grazie a un progetto di ricerca avviato con la giapponese Toshiba e finanziato da NEDO, l’organismo di supporto governativo giapponese. L’obiettivo è quello di aumentare le capacità di trasporto diminuendo le perdite di rete sulle lunghe distanze".

Transizione energetica obbligata, ma difficile. Proviamo a guardare avanti: alla fusione nucleare, presentata come la possibile soluzione di problemi energetici. Tecnologia intrinsecamente sicura, di sfruttamento infinito, in grado di riciclare al suo interno le scorie trasformandole in nuovo carburante. L’Enea è all’avanguardia nel mondo. Come siamo messi? Il sogno dell’energia da fusione quando diventerà una realtà operativa?

"L’Italia, con l’ENEA, è messa decisamente bene. Abbiamo contatti con i maggiori centri di ricerca, tra i quali l'Mit di Boston. E l’Italia è candidata svitare una delle applicazioni più avanzate, il Dtt (Divertor Tokamak Test), che stiamo costruendo a Frascati. Parliamo di un impianto sperimentale di ricerca sui materiali e per gestire temperature incredibilmente alte, di 600 milioni di investimenti nei prossimi sei anni, di 500 ricercatori che arriveranno a Frascati da tutto il mondo. E parliamo di una bella sfida che stiamo affrontando con Terna per far arrivare lì, con un nuovo super-cavo, le grandi quantità di energia elettrica che serviranno da “accendino” all’impianto. I tempi stimati per l’operatività dell’energia ricavata dalla fusione nucleare sono lunghi ma non lunghissimi. Diciamo realisticamente che la prima centrale operativa, anche grazie al lavoro che stiamo facendo a Frascati, potrebbe essere disponibile intorno al 2050".