Lo stato di salute dei ghiacciai italiani, e non solo, è molto delicato: la loro esistenza è minacciata dagli effetti del riscaldamento globale

Le temperature anomale e persistenti sui ghiacciai alpini sono uno degli effetti più concreti della crisi climatica

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elle miniere di carbone, in passato, per rivelare la presenza di gas tossici e fare evacuare per tempo l’area si sfruttavano i canarini, animali molto sensibili al metano e al monossido di carbone: la loro presenza nell’aria, prima di avere effetto sui minatori, avrebbe mostrato segni di soffocamento sugli stessi volatili, che in condizioni normali tendono invece a cantare per gran parte del tempo, fornendo a questo scopo un chiaro segnale ai lavoratori. Allo stesso modo, per valutare lo stato di avanzamento del cambiamento climatico è utile guardare alla fusione dei ghiacciai, il cui ruolo è in questo caso paragonabile a quello dei canarini nelle miniere di carbone.

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La percentuale di superficie terrestre ricoperta dai ghiacciai

Il cambiamento climatico sta avendo un grande impatto sui ghiacciai: durante i mesi estivi, anno dopo anno, si è notato che la loro fusione è maggiore rispetto a quanto ghiaccio e neve riescono ad accumulare di nuovo in inverno: un fenomeno in espansione che produrrà gravi conseguenze, non sempre facili da prevedere. Anche l’esistenza dei ghiacciai italiani è minacciata dal riscaldamento globale, causato dalle emissioni di gas serra dovute alle attività umane. Secondo Carlo Barbante, professore all’Università Ca’ Foscari di Venezia e direttore dell’Istituto per la dinamica dei processi ambientali (Idpa-Crn), il progressivo aumento della temperatura media globale porterà, entro la fine del secolo, alla scomparsa della maggior parte dei ghiacciai alpini che si trovano sotto la soglia dei 3.600 metri, sebbene in misure diverse a seconda della loro altitudine, posizione e conformazione.

da sapere

Lo zero termico si misura con palloni sonda lanciati nel cielo che rilevano la temperatura dell’aria, trasmettendo i risultati alle stazioni meteo

Negli ultimi dieci anni, a causa della crisi climatica, che favorisce le ondate di calore e periodi sempre più lunghi di siccità, si è assistito a un rapido innalzamento del punto in cui i ghiacciai si fondono. Uno degli indicatori più utilizzati per verificare questa tendenza è il cosiddetto zero termico, che rappresenta la distanza tra il suolo e il punto in cui l’aria è a una temperatura di zero gradi (per questo si misura in metri e non in gradi Celsius). Quando la temperatura scende sotto gli zero gradi l’acqua liquida presente intorno ai ghiacciai inizia a solidificarsi. Sulle Alpi lo zero termico si ha a un'altitudine compresa tra i 3.200 e i 3.700 metri, ma le temperature sempre più elevate stanno spostando la sua quota verso i 4.000 metri, con picchi anche oltre i 5.000.

da sapere

Se continuative, queste temperature a un’altitudine così elevata mettono a rischio l’esistenza stessa dei ghiacciai sul lungo periodo

Tra domenica 20 e lunedì 21 agosto 2023 la stazione meteorologica svizzera di Payerne ha misurato lo zero termico sulle Alpi a 5298 metri: è la quota più alta mai registrata dal 1954, anno in cui iniziarono le misurazioni

La tutela dei ghiacciai è vitale per le montagne: la loro fusione minaccia la sopravvivenza di interi ecosistemi ad alta quota e ha un impatto a cascata sui sistemi a valle. Senza la riserva idrica costituita dai ghiacciai il fondovalle diventa sempre più soggetto a prolungati periodi di siccità. I ghiacciai, infatti, influenzano in modo unico la portata dei fiumi nei periodi in cui le altre fonti d’acqua sono scarse. La loro fusione influenzerà profondamente l’ambiente naturale, compresi molti aspetti della biodiversità.

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Circa il numero di ghiacciai presenti in Italia

A preoccupare i glaciologi e i meteorologi è soprattutto la frequenza con cui le ondate di calore si ripetono ad alta quota. Anche in passato erano state registrate giornate di caldo eccezionale sui ghiacciai italiani, ma si trattava di condizioni molto meno ricorrenti rispetto agli ultimi anni. Ed è proprio questa tendenza a favorire la loro fusione: sotto questo punto di vista già il 2022 era stato definito un anno “disastroso”. A lungo andare le ondate di calore, che sono legate al riscaldamento globale, potrebbero avere effetti anche oltre i 4.000 metri.

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La percentuale di superficie dei ghiacciai italiani che si è ritirata negli ultimi 30 anni

Un’altra conseguenza del riscaldamento globale sui ghiacciai è un aumento dei rischi per chi le aree montuose le vive o le frequenta. Il disgelo in alta quota può causare il distacco di intere porzioni di ghiacciai, che possono provocare frane e valanghe, anche di grosse dimensioni. Inoltre i cosiddetti ponti di neve, che sui ghiacciai coprono i crepacci, possono indebolirsi, diventando quindi meno resistenti e più pericolosi per chi li attraversa. Queste dinamiche, però, non sempre sono facili da prevedere e monitorare: serve quindi trovare un equilibrio tra l’attenuazione dei rischi e la sopravvivenza delle attività economiche che negli ultimi decenni si sono sviluppate grazie alla montagna. ▲

focus su La marmolada

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no dei ghiacciai delle Alpi più osservati e tenuti sotto controllo, dal punto di vista glaciologico, è quello della Marmolada, il più alto gruppo montuoso delle Dolomiti, in Trentino-Alto Adige: secondo diversi studi potrà sopravvivere solo per altri 15 anni circa, prima di essere "retrocesso" a glacionevato, cioè un accumulo di ghiaccio e neve che a differenza di un ghiacciaio non è dotato di moto verso valle. Questo declassamento di recente è accaduto al Calderone, sul Gran Sasso, il corpo glaciale più a sud d’Europa. Nell’ultimo secolo la superficie del ghiacciaio della Marmolada si è ridotta ogni anno in media di due ettari e mezzo, mentre a partire dal 2007 sono andati persi in media 9 ettari all’anno. Oggi il ghiacciaio ha una superficie totale di circa 120 ettari.

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La riduzione del volume del ghiacciaio della Marmolada tra il 2004 e il 2014

Nel 2013 il ghiacciaio si estendeva per 1,9 chilometri quadrati, mentre sette anni più tardi era diventato di 1,5 chilometri quadrati, ossia circa un quarto rispetto all’inizio del Novecento. Il ghiacciaio della Marmolada non si è solo ridotto in termini di volume e superficie, ma si è anche frammentato. Non si può più considerare un’unica massa di ghiaccio: anche per via della forma della montagna oggi il ghiacciaio è diviso in diverse parti. Questo favorisce ulteriormente la sua fusione durante i mesi estivi, perché le rocce della montagna esposte alla luce del sole assorbono calore e contribuiscono a riscaldare la sua superficie, provocando eventuali crolli.

Mauro Varotto

Docente di geografia all’Università di Padova e responsabile delle misurazioni che vengono condotte ogni anno sulla Marmolada

La Marmolada anticipa quello che è il destino della stragrande maggioranza dei ghiacciai alpini. A fine secolo rimarranno solo quelli che si trovano a quote superiori, intorno ai 4000 metri

Il progressivo disgelo e la frammentazione del ghiacciaio della Marmolada, nel luglio del 2022, hanno determinato il crollo di circa un terzo della sua placca: una porzione alta oltre 30 metri e con un'estensione di un centinaio di metri. Composta da circa 64mila tonnellate di acqua, ghiaccio e detriti, la valanga che si è generata ha provocato la morte di undici persone, mentre sette sono rimaste ferite. Il crollo, avvenuto alla quota di 3.212 metri nella parte più alta del versante settentrionale della Marmolada, è stato favorito dalle temperature anomale registrate durante i mesi estivi e primaverili.

Al momento della valanga erano stati superati i 10 gradi. Anche per quanto riguarda le precipitazioni nevose, il trimestre tra il dicembre 2021 e febbraio 2022 è stato uno dei più secchi e caldi dal 1921. La somma di questi fattori ha fatto staccare, spinto e poi fatto scivolare a valle un’estesa porzione di ghiaccio. La presenza di molta acqua liquida rinvenuta sul ghiacciaio è un segno dello stress non indifferente che stava attraversando, al punto da presentare un tasso di fusione particolarmente alto. Inoltre il crollo nella Marmolada ha interessato un piccolo ghiacciaio che fino a un decennio fa faceva parte di quello principale: la parte che è caduta si è divisa dal corpo del ghiacciaio a seguito della sua progressiva frammentazione.

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I gradi in più di temperatura registrati nei due mesi prima della valanga, rispetto alla media 2008-2021

Anselmo Cagnati

Glaciologo del centro anti-valanghe dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale del Veneto (Arpav)

Il crollo nella Marmolada era un fenomeno che si preparava da tempo, dovuto al susseguirsi di estati sempre più calde anche oltre i 3500 metri di altitudine. Fenomeni simili sono destinati a essere sempre più frequenti nei prossimi anni

Quello della Marmolada non era tra i ghiacciai delle Alpi che vengono sorvegliati perché, per come sono fatti, alcuni loro pezzi potrebbero crollare. A memoria storica non era mai successo che una grossa porzione del ghiacciaio della Marmolada cedesse. Tuttavia, a causa del riscaldamento globale, non è da escludere che altri crolli, come quello avvenuto nella Marmolada, si succedano su ghiacciai storicamente meno interessati dal fenomeno.

da sapere

Dopo la tragedia la percezione diffusa del rischio-valanghe sulla Marmolada ha messo in grave difficoltà il settore turistico locale, con moltissime disdette

Nel momento in cui l’enorme blocco del ghiacciaio si è staccato, formando una valanga, sui sentieri della Marmolada e delle montagne limitrofe erano presenti decine di escursionisti, alpinisti e ciclisti: la tragedia ha favorito il dibattito sulla necessità di frequentare le montagne e i ghiacciai in maniera più consapevole, soprattutto rispetto ai rischi che il cambiamento climatico porta con sé. ▲

focus su l'adamello

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i trova nel nord della Val Camonica, tra la Lombardia e il Trentino-Alto Adige, ed è un altro dei ghiacciai alpini più sorvegliati in Italia: con un'altitudine compresa tra i 2.500 e i 3.500 metri​​, l’Adamello è il più vasto e profondo ghiacciaio delle Alpi italiane, ma si prevede che scomparirà entro la fine del secolo, perché nei mesi estivi la quantità di ghiaccio che fonde è molto maggiore di quella che si riforma e si accumula durante il periodo invernale. Dal 2000 a oggi il ghiacciaio dell'Adamello ha già perso circa la metà del suo volume.

La sua superficie tra il 2007 e il 2022 si è ridotta di 2,6 chilometri quadrati, arrivando a misurarne complessivamente circa 13. Nel 2022 la scarsità di precipitazioni e le temperature particolarmente alte avevano avuto un impatto significativo sulla sua massa: lo strato di ghiaccio nell’arco di quell’anno è diminuito di oltre due metri, con la riduzione annuale più grave in circa un trentennio.

da sapere

Nonostante non siano stati raggiunti i valori di fusione glaciale registrati nel 2022, si può parlare del 2023 come una delle peggiori annate per l’Adamello in termini di fusione da quando si rilevano i dati

Come previsto, nel 2023 la perdita di spessore del ghiacciaio dell’Adamello è stata di 2,6 metri. È il secondo valore peggiore della serie storica dopo il 2022, anno segnato da una grave siccità e da un’estate molto calda

Nel versante principale dell’Adamello, l’arretramento del fronte del ghiacciaio, cioè della parte più bassa e visibile della massa di ghiaccio, tra il 2020 e il 2022 è stato di 174 metri. Come tanti altri ghiacciai alpini l’Adamello si sta frammentando: non è più una sola “unità glaciologica”, ma è composto da diverse masse di ghiaccio separate tra loro: un fenomeno, quest’ultimo, che potrebbe accelerarne la fusione.

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Gli ettari di superficie che il ghiacciaio dell’Adamello ha perso negli ultimi 10 anni, pari a circa 70 campi da calcio

Nella zona frontale del ghiacciaio dell’Adamello le alte temperature registrate durante la scorsa estate hanno messo in luce i primi affioramenti rocciosi: questo fenomeno, da un lato, dimostra la perdita di spessore, dall'altro accelera la fusione del ghiaccio circostante. La roccia infatti assorbe più radiazioni solari durante il giorno, restituendole sotto forma di calore durante la notte e incentivando così il processo di fusione. ▲